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Addio a Tamburini, Giotto delle moto

Si è spento dopo una breve malattia l'artista che ha realizzato capolavori indiscussi del mondo delle due ruote

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Non è un bel periodo per il mondo del motociclismo. Nella notte di sabato si è spento uno dei più grandi geni dell'industria delle due ruote, l'uomo che ha permesso all'Italia di poter risplendere nel mondo e vantarsi di prodotti cosi belli da esser esposti anche in un museo. Si è spento il Giotto delle due ruote, Massimo Tamburini.

La malattia, la bestiaccia, si era accanita contro di lui ed i suoi polmoni, portandolo via in pochi mesi.

Nato nel 1943, Massimo Tamburini ci lascia a 71 anni dopo una vita il cui unico scopo era quello di vivere e mostrare la passione. Viscerale, autentica, strabordante, visionaria. Già, perchè la storia narra che, dopo una caduta alla Quercia di Misano, Tamburini modificò ed elaborò la propria MV Agusta 600 Turismo 4C, realizzando la prima special, la prima Bimota di fatto, quando ancora l'azienda si occupava di climatizzazione e riscaldamento. Interventi profondi, mirati, sia meccanici che estetici, che suscitarono la curiosità e l'apprezzamento di Angelo Bergamonti, ma anche la disapprovazione del conte Agusta.

In seguito i primi passi proprio con la sua Bimota. Già, perchè il suo genio unì la meccanica motoristica giapponese, con il genio italiano a livello telaistico. Una storia romantica, nata con la HB1, nata nel 1973 in sole 10 unità, e figlia della Honda CB750 Four.

Direttore tecnico negli anni Ottanta del team Gallina, Tamburini si fece conquistare da un'altra famiglia di visionari romantici come lui, i Castiglioni, che gli offrirono un posto in Cagiva, dove realizzò immediatamente la mitica Paso. Successivamente arrivarono i suoi grandi capolavori di casa Ducati: la 851, la 888, la 916 e la 996. Moto che, per estetica e tecnica, divennero delle vere e proprie icone. Immortali nelle linee, hanno fatto scuola, creando e tracciando delle guide per la realizzazione di una moto.

Il doppio faro squadrato, le frecce integrate negli specchi, le prese d'aria poste subito sotto, le linee squadrate ma smussate, e principalmente, il doppio scarico sotto il codone, prima in posizione distaccata, poi unito in alto, ma ben visibile a differenza della Honda NR750. Capolavori che resero grande l'Italia anche nelle competizioni. Capolavori, come la piccola Mito, che fecero sognare intere generazioni di ragazzi, oggi trentenni ancora innamorati delle moto.

Grazie al suo genio oggi possiamo mirare con assoluta riconoscenza e passione una moto quale la MV F4, creata dalla sua matita a metà degli anni '90, quando - con la cessione di Ducati ad un fondo americano - Castiglioni optò per il rilancio della MV Agusta. La F4, secondo molti la moto più bella esistente al mondo, fu presentata nel 1997, rivoluzionando i concetti di stile e di design, talmente evoluti che hanno ricevuto solamente delle piccole modifiche e raccordi in circa 12 anni.

Un uomo integro, integerrimo, tutto d'un pezzo, cui l'Italia intera, non solo quella motociclistica, dovrebbe rendere omaggio. La sua arte, la sua tecnica, la sua matita hanno reso immortali capolavori su due ruote che recano con se il tricolore. Tamburini è stato il segno evidente di quell'Italia geniale che, con mezzi inferiori, riusciva a sfornare dei gioielli in grado di renderci orgogliosi in tutto il mondo. Il vero Giotto delle moto.



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