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MotoGP, Steve Parrish: "correvo in moto e andavo al pub, poi conobbi Barry Sheene"

Tra il 1949 al 1977, i piloti inglesi hanno ottenuto 381 vittorie e 29 campionati mondiali. "Negli anni ‘60 e ‘70, gli inglesi guidavano le moto quotidianamente, oggi nessuno le usa, Dorna ci ha abbandonato. E questa cosa mi infastidisce ancora"

MotoGP: Steve Parrish:

Oggi che nel motomondiale manca un pilota britannico di riferimento, dopo il ritiro di Cal Crutchlow, ci siamo domandati perché l'isola che ha fornito al motociclismo fuoriclasse del calibro di Mike Hailwood, Phil Read e Barry Sheene, abbia visto inaridire la sua vena d'oro. Cos' abbiamo pensato di ascoltare chi quegli anni fantastici li ha vissuti. C’è sempre stato, nel mondo delle due ruote, un pilota amato ancor prima che per le sue prestazioni in pista, per la sua simpatia. E’ accaduto a Randy Mamola a metà degli anni ’80, quando dall'America arrivò nell’allora Continental Circus al seguito di Kenny Roberts. Bene in un certo senso Steve Parrish è stato l'ombra di Sheene..
Sarebbe però egualmente ingeneroso descrivere Randy come il pupillo di Kenny, così come dipingere Steve Parrish solo come il fraterno amico di Barry Sheene, che di quei fine anni ’70 fu icona ed idolo.

Semmai si può avvicinare ‘Stavros’ - questo il suo nome di battaglia - ad un pilota come Gerhard Berger, perché anche l’austriaco fu ottimo amico di Ayrton Senna. C’è dell’altro: così come Berger anche Parrish è ricordato nel paddock per gli scherzi, il carattere brillante e la vena picaresca di vivere, ma non pensiate che in gara non facesse il suo dovere: nel 1977, l’anno del secondo titolo di Barry, Steve arrivò quinto assoluto nel mondiale della 500 alle spalle di Steve Baker, Pat Hennen e Johnny Cecotto alla guida della Heron-Suzuki.

E nel 1982, dopo il terribile incidente di Sheene a Silverstone quando il due volte iridato rischiò di perdere entrambe le gambe, Barry volle Steve dietro di lui…per poter tenere la moto in equilibrio da ferma, quando tornò a guidare per la prima volta a Donington.

Oggi Parrish, che dopo il ritiro ha corso con successo con i camion, alterna il lavoro di commentatore TV - ha lavorato per la BBC, ITV, Sky - ad altre attività, in alcuni casi ludiche ed è nel Guinness dei primati per la più alta velocità raggiunta…in retromarcia, con una Caterham, a quasi 140 Km/h.

(Paolo Scalera)

di Rebecca Sicali

Steve Parrish è stato un pilota di moto, un pilota di truck, un commentatore televisivo. Chi è Steve Parrish oggi?
Steve Parrish è stato tutto questo e, ad oggi, sarebbe stato impegnato nella Nord-Ovest 200 di Irlanda o al TT dell’isola di Man. Eppure, molto del mio lavoro si è fermato a causa della pandemia. Sto aspettando che il mondo riparta, nel frattempo che posso fare? (sorride) Gioco a golf 3 volte a settimana, gioco a tennis 2 volte e scrivo alcuni articoli. Ho una bella casa a Mallorca, ma non posso andare neanche lì.

Per quale motivo si è approcciato al mondo delle moto?
Era un hobby. Nel 1973, ero un ragazzo di 19 che aveva finito la scuola e iniziato a lavorare. Con i miei risparmi mi sono comprato una moto. Ero un pilota amatore. Andare in moto mi permetteva di incontrare persone con cui andare al pub e passare il tempo, un divertimento.  Hai miei tempi non esistevano talent scout o accademies. Sono stato fortunato perché qualcuno mi ha notato sulla mia vecchia moto e ha pensato che avessi talento: mi ha comprato una moto migliore e ho iniziato a vincere i campionati nazionali.  Sono sicuro che questo succede ancora, ma adesso i piloti amatoriali hanno 8, se non 6 anni.

Come è iniziata l’avventura nel motomondiale?
Sono stato scovato da Suzuki Great Britain, ho smesso di lavorare come meccanico e sono diventato pilota di moto. Quello che, però, è stata una parte fondamentale per la mia evoluzione da pilota dilettante a professionale è stata la mia amicizia con Barry Sheene. È stata una fortuna per me conoscerlo. Lui mi ha aiutato tanto, viveva vicino a me ed è stato un grande amico.

Tra il 1949 al 1977, i piloti inglesi hanno ottenuto 381 vittorie e 29 campionati mondiali in totale. Lei figura in un periodo dove il motociclismo inglese era ancora all’apice. Cosa rende quegli anni così speciali?
La mia carriera si è inserita alla fine di un’epoca, in un momento dove gli inglesi costruivano moto. Nel ‘49, infatti, c’erano case costruttrici come Norton, Triumph, BSI e tanti. Per questo motivo, c’erano anche tanti piloti inglesi. Questo periodo si prolungò fino agli anni ‘70 perché molti piloti inglesi correvano ancora, dei veri e propri campioni: Phil Read, Mike Hailwood e ovviamente Barry Sheene.

Secondo lei perché le gare di moto erano così tanto seguite in Inghilterra a quei tempi, mentre oggi la situazione è completamente opposta?
Negli anni ‘60 e ‘70, gli inglesi guidavano le moto quotidianamente. Usavano questo mezzo per andare a lavoro, perché era conveniente e semplice. Le moto erano parte delle loro vite.  Sfortunatamente nessuno le usa: ci si muove in treno, in bus o in macchina. In Italia e Spagna la situazione è diversa. I ragazzi iniziano a guidare a 15 anni il motorino e a 18 anni la macchina. Per tre anni, le moto di piccola cilindrata sono il loro unico modo di spostarsi. In Inghilterra, sei autorizzato a guidare lo scooter a 16 e la macchina a 17. I genitori preferisco prendere direttamente la macchina perché per un anno non ne vale la pena.

Steve Parrish ha scritto un libro interessante e divertente sugli anni d'oro, lo trovate QUI

In Inghilterra il motomondiale è diventato uno sport secondario. Situazione molto diversa rispetto Italia e Spagna.  Nel 2013, Dorna ha rilasciato i diritti di programmazione alla pay-per-view. Secondo lei questo ha influito sulla perdita di interesse nei confronti della MotoGP da parte del pubblico inglese?
Dorna ci ha abbandonato. E questa cosa mi infastidisce ancora. In quel momento, c’erano molti spettatori di MotoGP inglesi. Perché? C’era Valentino che vinceva e lo trasmettevano nella TV pubblica. Ogni gran premio, 1.5/2 milioni di persone seguivano le gare. Adesso su BT (canale inglese a pagamento dove vengono trasmesse le gare) ci sono 150 mila spettatori, se siamo fortunati 200 mila. Mi è stato chiesto se Valentino Rossi è diventato campione quest’anno, perché l’ultima volta che hanno guardato le gare era nel 2013. Dorna ha scelto il doppio dei soldi, per il 10% di spettatori. È stato un grande errore e ne sono consapevoli: ad oggi sta circolando questo rumour che pensano di trasmettere alcune gare sulla free TV, su ITV4.

Sarà sufficiente questo per aumentare il numero degli spettatori inglesi?
Il problema è che noi, in Inghilterra, non abbiamo grandi nomi. L'ultimo è stato Barry Sheene. Sì, ci sono stati Cal, Smith, Fogarty, ma, senza essere scortese, loro non sono personaggi iconici, troppo introversi.  Noi scherziamo sempre su questo: negli anni ‘70, le ragazze volevano stare con Barry Sheene e i ragazzi volevano essere Barry Sheene. Valentino Rossi è lo stesso, era lo stesso. Il motorsport deve continuare, ma purtroppo adesso siamo in un momento, dove, se cammini per le strade di Londra e chiedi ai passanti chi è Bagnaia, nessuno ne avrebbe la minima idea. Francamente, penso che non saprebbero neanche chi sia Marc Marquez. Purtroppo, questa è la verità. Le personalità si creano vivendo nel mondo reale. Nel motorsport, nel calcio o nel rugby, questo non accade, perché gli sportivi iniziano in età giovanissima. Un giovane atleta viaggia con i genitori, studia a casa e non incontra molte persone, per questo non potrà mai essere una persona, come le definisco io, a 360°. In questa situazione non si potrà mai avere una grande personalità. Un ottimo esempio è Casey Stoner, un fantastico pilota, che è venuto dall’Australia con i genitori e ha vissuto in una roulotte.

Barry Sheene e lei eravate molto amici, lui era la sua famiglia. Questo tipo di relazioni sono ancora possibili in MotoGP? Non vediamo spesso piloti che escono insieme, passano le vacanze insieme, non cenano e non pranzano neanche più insieme. Perché secondo lei?
Forse l’ambiente è troppo competitivo. Il team Yamaha non soggiorna nello stesso hotel della Suzuki o Aprilia. Questo rende difficili le relazioni tra piloti. Quando correvo io, si viveva tutti in circuito, si dormiva in roulette, si faceva un barbecue tutti insieme o in gruppo. Il Paddock era chiamato “Continental Circus”, perché era come un circo. Si viaggiava per le strade, dalla Gran Bretagna alla Finlandia, dalla Spagna alla Cecoslovacchia. I piloti erano più socievoli e ci si prestava pezzi di moto a vicenda. Oggi la situazione è cambiata drasticamente. I piloti sono obbligati a non farsi piacere più nessuno.  Jack Miller e Cal Crutchlow sono molto amici, gli unici due che mi vengono in mente. Anche Valentino Rossi e Marc Marquez per un certo periodo, anche se Vale è stato sempre molto furbo e ha gestito sempre molto bene i suoi avversari come, ad esempio, Sete Gibernau e Jorge Lorenzo.

Lei ha scritto libri sulla sua carriera e quella di Barry Sheene. Pensa che questi libri possano aiutare il futuro del motociclismo?
Il motociclismo è stato tutta la mia vita davvero. Le gare di moto sola mia vera passione e farei di tutto per far crescere questo sport. Eppure, lo sto vedendo declinare. In Inghilterra, ad oggi, la MotoGP è di basso profilo: questo è frustrante. Il motomondiale è molto più interessante della Formula 1, eppure se lo scorso anno Cal avesse vinto, la notizia non sarebbe apparsa sui giornali. Se Lewis Hamilton ottiene un quarto posto, ne parlano tutti. Perché? Lewis è una grande personalità, oltre a essere un campione. La soluzione, per vedere risorgere la MotoGP in Inghilterra, sarebbe trasmettere le gare nella TV pubblica e spero che Dorna ci aiuti.

(continua) Nella seconda parte dell’intervista approfondiremo la situazione dei giovani talenti inglesi e le difficoltà che ad oggi sono obbligati ad affrontare. Steve Parrish inoltre non può rimanere indifferente davanti a una griglia di partenza lasciata senza esponenti inglesi e ,senza troppi filtri, espone la sua preoccupazione per il futuro di questo sport.

Le foto di questo servizio sono di Steve Parrish. L'immagine di Steve che scherza nella sala stampa di Dohan (gara in notturna) nel 2008 è di Paolo Scalera

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