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Aprilia RS 660 | Perché comprarla… E perché no

Sportiva media per eccellenza, coniuga il DNA racing di Aprilia alle quote moderate che fecero la fortuna delle carenate anni ‘90

Aprilia RS 660 | Perché comprarla… E perché no
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Oltre 25 anni dopo la RS 250 Aprilia ha tirato fuori dal cilindro una degna erede: la RS 660, che rispolvera i concetti di leggerezza e potenza giusta in salsa sportiva. La sigla rimane la stessa, la cilindrata cresce e la bicilindrica di Noale diventa portabandiera di una papabile seconda giovinezza delle carenate “belle e possibili”.

Pregi e difetti

Non si adegua alla sorellona superbike RSV4 la RS 660, anzi detta la linea. Quella del frontale innanzitutto, che vede svettare sulle linee affilate ma comunque proporzionatissime del muso un gruppo ottico LED a tre elementi, con firma DRL, indicatori di direzione integrati che puliscono ancor di più il look e soprattutto funzione Bending che illumina la curva, di serie. Più in basso fa bella mostra la doppia carenatura con funzione di appendice aerodinamica, che ha portato la RS in galleria del vento per unire forma e funzione. Per farla breve: tutt'altro che un esercizio di stile e soprattutto un altro dettaglio che è partito con lei ed è arrivato alle sorelle maggiori. A catturare lo sguardo poi ci sono lo scarico posto sotto il motore, i cerchi di due colori diversi e il profilo compattissimo che trova nel codino appuntito il suo punto esclamativo, corredato dal gruppo ottico posteriore e dal forcellone bibraccio in alluminio, stesso materiale usato per il telaio a doppia trave. Una moto raccolta, che comunque riesce a cucirsi addosso a chi la guida.


Il bicilindrico parallelo frontemarcia da 659 cc è letteralmente l'ago del compasso intorno a cui ruota la nuova sportiva Aprilia. Non solo per la novità che rappresenta, ma anche perché il motore è elemento portante del telaio e il forcellone è imperniato direttamente al basamento, come le pedane. 100 i cavalli a disposizione, che arrivano a 10.500 mentre il picco di coppia è di 67 Nm a 6.250, ma l'80% della spinta è già disponibile ai 4.000. Il comando Ride by Wire assicura 5 mappature: tre dedicate alla strada, due alla pista e per ogni ambito una modalità è completamente personalizzabile tarando i parametri dell'Aprilia Performance Riding Control come Anti Wheelie, Traction Control su 8 livelli, Controllo del freno motore e tre modalità di risposta del comando del gas. E a completare il pacchetto da grande della RS 660 c'è il quickshifter bidirezionale .
Basta percorrere pochi chilometri in sua compagnia per capire che il suo è un elisir di facilità e adrenalina che ha più ingredienti: l'ergonomia è uno di questi, con la vita snella della RS che insieme alla posizione delle pedane consente di avere il massimo controllo sull'avantreno senza spezzarsi i polsi dopo poche curve. E alla sensazione di piena padronanza contribuisce la combo sospensioni-freni: la forcella Kayaba a steli rovesciati da 41 mm e il mono posteriore sono sostenuti senza mai rivelarsi esagerati, e copiando dignitosamente anche le avversità cittadine mentre l'impianto Brembo è semplicemente sontuoso all'anteriore mentre può risultare a tratti spugnoso dietro. Potente ma non esagerato, reattivo ma mai senza il giusto filtro permette di giocare col pedale del posteriore nel traffico e insieme all'interasse di 1.370 mm e all'inclinazione di sterzo di 24,1° permette di praticare la faticosa arte del commuting con la giusta dose di ignoranza che sembrava un lontano ricordo a cavallo del millennio, quando le carenate al semaforo non erano un miraggio, ma quotidiana realtà.

Il meglio però arriva quando la giungla di cemento lascia spazio alle curve pennellate del misto. Sornione e accomodante nella prima metà dell'arco questo bicilindrico sopra i 7.000 giri sembra ricordare perfettamente le sue origini: e infatti inizia il divertimento, perché la castagna che è in grado di restituire quando si apre la manetta parla più della scheda tecnica e ti fa riflettere su quanto 100 CV possano anche bastare se condensati come Aprilia ha saputo fare su questa moto. Sa anche andare al trotto, e anzi, l'elasticità del bicilindrico esalta la guida pulita e fatta di traiettorie raccordate col compasso ma se il ritmo si alza non ha certo problemi a dimostrare di che pasta è fatta co l'unico appunto che può esser fatto alle vibrazioni che arrivano sulle pedane agli alti regimi. In più ha una grande qualità: la maneggevolezza si traduce in una tolleranza a perdonare pecche e sbavature inedita al segmento. Un pregio che si traduce in confidenza istantanea e in un divertimento che rimane altissimo anche al mutare del percorso: Sul veloce sa appagare l'orgoglio con una precisione e una velocità di percorrenza da riferimento, nello stretto stupisce per la facilità con cui attacca il punto di curda e il poco impegno fisico che richiede anche nelle uscite più maschie. Sensazioni sublimate da una frizione morbida e intuitiva, che può essere tranquillamente dimenticata negli attimi più concitati grazie al Quickshifter: preciso e immediato, a patto che non venga stuzzicato sotto i 4.000. Per riassumerla in una frase, sembra che le vie della RS 660 siano infinite. Se messa al microscopio però la rivela due piccole pecche: la prima riguarda la sella, che nei tratti più guidati può risultare scivolosa, e vista la spiccata proiezione verso il serbatoio tende a far avanzare il pilota. La seconda è sul blocchetto: il tasto Lamps finisce praticamente sempre sull'indice, attivando gli abbaglianti nel giro di poche curve.

Quanto costa

La RS 660 è una media in piena regola che però dimostra di essere grande, non solo in strada, ma anche guardando il listino. Sì, perché ci vogliono 11.050 euro per portarsela a casa. Ma con i contenuti che offre non può essere bollata come "cara" senza appello. Stessa cifra per la versione depotenziata per patentati A2. La buona notizia per i nostalgici è che le colorazioni Acid Gold e Lava Red, che riportano in mente la Futura e la RS 250 Reggiani Replica, hanno lo stesso prezzo.


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