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SBK, VITE SPEZZATE Vinales, Millan e Dupasquier: il lato oscuro del motociclismo

Gli stessi sogni, la stessa dinamica e quasi la stessa età. In quattro mesi tre piloti se ne sono andati e bisogna capire come fare a non piangere più

SBK: VITE SPEZZATE Vinales, Millan e Dupasquier: il lato oscuro del motociclismo

Il motociclismo è rimasto ancora una volta in silenzio, impotente davanti alla tragedia. Un’altra foto in bianco e nero per ricordare un pilota che non c’è più. Negli ultimi quattro mesi se ne sono andati tre giovani promesse, tre ragazzi che stavano cercando di rincorrere un sogno che si è spento davanti ai loro occhi.

Jason Dupasquier aveva 19 anni quando ha incontrato il suo destino nel turno delle qualifiche del Mondiale Moto3 nel Gran Premio del Mugello. Hugo Millan 14, correva ad Aragon nella European Talent Cup il giorno in cui si è spento. Dean Berta Vinales 15 e oggi se ne è andato a Jerez, durante la gara della Supersport 300.

Era cugino di Maverick Vinales e aveva esorditoall’inizio della stagione nel Mondiale SuperSport 300 con il team di Angel Vinales, padre di Maverick. Veniva dalla European Talent Cup e aveva fatto parte della filiera della Cuña de Campeones. Un progetto che ha sede presso il circuito di Valencia. I suoi primi punti iridati li aveva ottenuti a Magny-Cours: 15° in Gara 1 e 4° in Gara 2, poi a Barcellona aveva centrato due buoni piazzamenti a Barcellona e anche a Jerez si stava giocando la zona punti.

Tre ragazzi, Jason, Hugo e Dean che avevano scelto di essere piloti, che stavano affacciandosi a quel mondo che li affascinava e di cui erano diventati protagonisti. Jason era entrato nel Mondiale solo un anno fa, per Dean era la stagione del debutto, Hugo stava cercando di fare l’ultimo passo.

In certi momenti, l’unica domanda è che senso abbia tutto questo, uno sport bellissimo ma con un lato scuro capace di spezzare le vite di tre adolescenti. Una domanda a cui è difficile rispondere, come quella se queste tragedie potevano essere evitate.

Dupasquier, Millan e Vinales sono morti a causa della stessa dinamica, investiti da altri piloti che non hanno potuto fare nulla per evitarli. Nel corso degli anni sono stati fatti passi da gigante per la sicurezza, sia per quanto riguarda i circuiti che l’abbigliamento. Airfence nei punti più pericolosi, airbag nelle tute, niente però serve contro la fatalità, quell’impatto che non lascia scampo ma solo lacrime dietro di sé.

Le battaglie sono la parte più bella del motociclismo, nelle classi minori non mancano mai, ma sono anche la più pericolosa. Tutti i piloti sono consapevoli del rischio, è un compagno che li segue in ogni momento, con cui devono fare continuamente i conti.

Franco Uncini, che da pilota rischiò di morire investito da Gardner e da responsabile FIM tanto ha fatto per la sicurezza, ci aveva detto dopo la tragedia di Millan: “è sempre lo stesso incidente, che al momento attuale non siamo in grado di evitare. È colpa dell’età o dell’inesperienza? Per me è questione di sfortuna”.

Proprio per questo è difficile da accettare, perché è qualcosa che non si può controllare, di fronte a cui si è impotenti. Il destino ha le proprie regole e se ne infischia di quelle degli altri, sa essere crudele e non può essere battuto. Questo non toglie che il prezzo da pagare sia troppo alto, sproporzionato e non lo si riesce ad accettare.

Tre vite spezzate in quattro mesi sono troppe, la giovane età dei piloti rende tutto ancora più doloroso. Oggi la SBK si è fermata, in segno di rispetto e per pensare come migliorare ancora. Per capire come riuscire a vedere solo foto dei piloti a colori e non più in bianco e nero.

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