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Prova Yamaha GYTR: la R1 pronta pista 'fai da te'

Più leggera, più potente, ma principalmente già con tutto quello che serve per divertirsi in un track day e per qualche strano motivo si rivela la supersportiva meno faticosa da guidare di quelle a disposizione degli appassionati

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La prima cosa che vedo, quando Giancarlo rientra ai box dopo il primo turno di prova a Vallelunga con la Yamaha GYTR e si alza la visiera del casco è il suo sorriso: “è una bicicletta, si guida col pensiero e non stanca! Non mi sono quasi accorto che il turno era finito, quando ho visto la bandiera”.

E’ un buon inizio per un amatore, specie se ‘affinato’ dall’età, perché di cavalli ce ne sono sempre più che a sufficienza nelle supersportive attuali. Il problema è che dopo cinque giri ti finiscono. E lo sapete anche voi che il gioco è bello quando si è capaci di rimanere in sella più a lungo!

Così annuisco, tiro giù la visiera ed entro in pista. Un attimo però: prima devo spiegare perché abbiamo scelto la Yamaha GYTR, per di più con la ‘consulenza’ di Roby Rolfo, che con questa moto ha fatto faville nell’Endurance, per questa prova.

Dunque, è da tempo che vi frulla per la testa di regalarvi una supersportiva. Vi ha frenato non il costo, o per lo meno, non solo il costo, ma il fatto di doverla spogliare poi di tutto il non necessario per portarla in pista. Pezzi che solitamente rimangono poi a prendere la polvere in garage,

E’ un ragionamento, questo, che ormai fanno quasi tutti gli appassionati dei track day, perché cosa ci fai con un bolide da oltre 200 cv per strada?

Però, poi, c’è tutto lo sbattimento di allestire la nostra Superbike replica. E’ vero: chi non conosce un amico che lo ha già fatto od un meccanico particolarmente bravo? Certo, se le Case ci stessero a sentire, a noi zoccolo duro…ma in realtà lo hanno fatto: la Suzuki con la Ryuyo e l’Aprilia con la RSV4 Factory Works.

La Yamaha però è andata oltre con la R1 GYTR - la sigla recita Genuine Yamaha Racing Technology - mettendoci a disposizione un catalogo di parti speciali per upgradarla: motore, telaio, forcellone e cruscotto sono di serie. Poi si può cambiare quasi tutto: ruote, quelle della R1 M in magnesio, sospensioni, centralina, freni, scarico, mappature, piastra di sterzo, pulsantiera, manubri, cablaggi, carenatura, codino, pedane, freni.

Tutta roba che si trova, è vero, anche nell’aftermarket, ma che in questo caso, figurando a catalogo, vi da la assoluta certezza di funzionare senza estenuanti messe a punto. E poi, ulteriore vantaggio, c’è la possibilità di procedere per gradi. Come nel nostro caso.

Mentre percorriamo il primo giro di Vallelunga per scaldare le Michelin PowerCup2 rivediamo il foglio che accompagna questa signorina in azzurro: ha l’ecu 2021, l’impianto elettrico completo, il set di esclusione dell’AIS, il pulsante di accensione racing al posto della chiave, carena e sella in fibra, il set di pedane PP, il set di tubi freno in treccia metallica, il silenziatore e scarico Trachday 100 Db con collettore scarico di raccordo ed ovviamente il tappo del serbatoio benzina senza chiave. Sono circa 7.000 € di roba. Serve altro? Vediamo. Facciamo ancora diversi giri ad andatura turistico veloce: la R1 entra in piega con grande facilità, anzi nei primi giri bisogna addirittura correggere per non stringere troppo alla corda. Il motore spinge forte, con una grande trazione e la moto è molto reattiva quando si lavora spingendo sulle pedane nel veloce, come nella semicurva a sinistra dopo il curvone. All’uscita della Campagnano, quando la si indirizza verso la Soratte tende ad alzare il muso, ma rimane stabilissima, e poi probabilmente è un po’ colpa nostra perché dovremmo uscire più forte. E’ il turno meno stancante che mai abbiamo fatto su una Supersportiva. Rientriamo e riconsegniamo la GYTR a Tiriticco.

Mentre Giancarlo è in pista ripensiamo ai punti forti di questa moto: rispetto alla R1 ‘di serie’ dovrebbe avere circa 12 cv in più e 15 Kg in meno. Si sentono, ma in nessun caso il motore spaventa. C’è in giro perlomeno un paio di 1100 che dall’uscita della seconda curva dei Cimini, fino al semaforo alto che segna il riferimento per la staccata impressionano veramente. Questa Yamaha GYTR, invece, grazie ad un motore non catalizzato visto l’uso a cui è destinata e ad una mappatura ben fatta eroga i suoi cavalli come se te li elargisse uno ad uno, fino a 14.500 giri di contagiri. Fa meno impressione, ma fa strada.

A noi, che non siamo staccatori, i Brembo, che non abbiamo nella configurazione, servirebbero solo per farci belli con gli amici, e così le forcelle ed il mono Ohlins: quelli di serie vanno benissimo. Ma è solo perché andiamo troppo piano?

Mentre ci pensiamo rientra Giancarlo, un po’ arrabbiato: la posizione delle pedane, che non è la sua, gli ha fatto sbagliare una marcia prima della esse. Guardiamo il cronologico, lo confrontiamo con in precedenti. Quel giro senza l’errore gli sarebbe valso un 1’46”.

“Hai avuto problemi di freni o di sospensioni?”
“Affatto: dovrei solo sistemarmi meglio manubri e pedane. Anzi, sai una cosa? Per noi amatori forse è addirittura meglio avere le sospensioni a controllo elettronico, più facili da settare”.
“E la posizione di guida?”
“Non so perché, ma questa Yamaha è la supersportiva che meno affatica alla guida che abbia mai provato”.
“Probabilmente è un insieme di assetto ed erogazione, ed anche queste Michelin Powercup2 mi hanno sorpreso”.
“Confermo. Bel grip, entrano rapidamente in temperatura e sono molto sincere - fa una pausa
- dà una occhiata alle gomme, omologate stradali, e con l’occhio clinico del pilota master sentenzia - ed dovrebbero avere anche una bella durata”.

Quindi nessun difetto? Giancarlo Tiriticco ci pensa un attimo sù.
“Forse con l’impianto Brembo, con un uso intenso, dovresti avere una risposta più sincera nell’ultima fase della frenata. Non è una questione di potenza, ma di feeling, di attacco”.

Roby Rolfo, con noi, è d’accordo: “ma è una cosa che senti solo quando ci corri - conferma - perché vai a cercare il pelo nell’uovo, dovunque”.

E questo vale anche per le sospensioni, perché se è vero che con le Ohlins meccaniche o con quelle di serie, la regolazione, è micrometrica, forse quelle di serie, elettroniche, della R1 M sono più facili da mettere a punto per un amatore.

Insomma, se l’obiettivo è quello di godersi una giornata in pista senza stare ad impazzire con le chiavi, forse la soluzione migliore ed iniziare con una base GYTR…e da lì vedere fin dove ci porta la passione…ed il portafogli!

 

 

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