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Stop motori termici, dietrofront Italia: "2035? Una data indicativa”

Il Ministro Cingolani torna sullo stop a auto e moto endotermiche e spiega: “Il 2035 sarà la base per una discussione a livello europeo”. Ma l’Europa, e soprattutto l'Italia, sono pronti all’elettrico?

Moto - News: Stop motori termici, dietrofront Italia:

Tanto tuonò… Che non piovve. Si potrebbe riassumere così la frenesia degli ultimi mesi generata dalla decisione dell’Unione Europea di indicare una data limite per la produzione e la circolazione di mezzi a motore endotermico. Sì, perché dopo le polemiche, gli interrogativi e le paure generate dalla notizia dello stop nel 2035 la bolla sembra essersi sgonfiata e l’anno dell’Apocalisse di cilindri e pistoni sembra più un punto di partenza per una discussione che l’ultimatum alla mobilità tradizionale. A dirlo è il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani.

2035, data indicativa

Cingolani ha infatti spiegato che il 2035 sarà “la base per una discussione a livello europeo”, e in occasione della decisione del Cite, Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica, di allinearsi alla proposta della Commissione Europea il ministro ha chiarito: “Noi dovevamo dare una posizione orientativa di massima dell’Italia perché nel documento che uscirà a metà 2022 sul pacchetto Fit for 55, tra le varie cose da discutere a livello nazionale ed europeo ci sarà anche la data presunta del phase-out. L’Italia ha dato la sua posizione più prudente come tutti i Paesi costruttori. 2035 per le auto e 2040 per i furgoni. Altri Paesi che non producono auto hanno addirittura parlato del 2030”.

Uno sforzo possibile?

Naturalmente l’Italia tutela parte del suo indotto, visto che non mancano sulla penisola gli impianti produttivi di auto e moto, e dal punto di vista della produzione automobilistica il Fit for 55, il piano per la transizione all’elettrico, sembra non tenere conto dell’impegno dei costruttori per l’Euro 7. Investimenti che rischiano di sovrapporsi e mettere in ginocchio i produttori e i consumatori. “Si tratta di una discussione aperta, che nei prossimi mesi dovrà arrivare a sintesi, a convergenza a livello europeo” ha spiegato Cingolani, che ha aggiunto Mancano due pezzi per favorire la mobilità alla spina. Il primo riguarda lo smaltimento delle batterie, ammesso e non concesso che si faccia tutto quello che si è detto finora per la realizzazione di decine di gigafactory, noi dobbiamo pensare oggi a quanto fare tra 20 anni per smaltire gli accumulatori. In secondo luogo, abbiamo bisogno di una rete di distribuzione elettrica intelligente. Quindi, non dobbiamo perdere tempo, oltre alle infrastrutture dobbiamo lavorare sulla trasformazione della rete elettrica in rete smart. Non basta comprare una Tesla. Questo è anche un problema di sensibilità, bisogna capire che l’auto elettrica non è comprare una Tesla, attaccarla ad una presa e finisce tutto qua. L’auto elettrica richiede una trasformazione epocale”.

Siamo pronti per l’elettrico?

Se per le auto si parla già di “ponte” con l’ibrido, che potrebbe calmierare la fame di “green” dell’Europa per le moto il discorso è diverso: il parco circolante rappresenta una piccola parte della totalità dei mezzi endotermici nelle strade europee, ma al momento non sembrano esserci moratorie per le due ruote. la frenata sull’elettrico dell’Italia poi, letta tra le righe, risponde a una domanda retorica che molti si fanno: il Paese è pronto alla mobilità elettrica? Basta guardare lo stato attuale delle infrastrutture, della rete di ricarica e il numero di colonninne presenti sulla rete autostradale italiana per avere il verdetto.

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