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Royal Enfield Slide School, oggi i “traversi” sono per tutti

Sulla scia del successo ottenuto in altri paesi, debuttano in Italia i corsi di flat track della Casa indiana, per imparare ad affrontare i tracciati ovali da veri campioni in sella alle Himalayan 410

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di Leslie Scazzola

Debutta ufficialmente in Italia la Royal Enfield Slide School, i corsi per imparare l’arte del flat track che ripropongono il medesimo programma didattico già applicato con successo in USA, Inghilterra e India. La Scuola ha base a Badia Calavena (VR) presso il Marani Motorsport Park, tracciato ovale tra i più noti tra gli appassionati della specialità. Il calendario degli eventi e i prezzi sono ancora in fase di definizione, così come (ad oggi) il sito Internet dedicato www.royalenfieldslideschoolitaly.it ma possiamo anticipare che le classi dei partecipanti verranno suddivise in gruppi cosicché vi sia il più possibile omogeneità tra le esperienze dei piloti. Prossimi alla partenza ufficiale degli eventi, siamo stati Invitati all’inaugurazione della Slide School, e chi scrive non nasconde di aver provato fin da subito un certo timore misto a curiosità: come la stragrande maggioranza degli appassionati si è trattato a tutti gli effetti di un debutto nella specialità dei “traversi”, e immaginavamo si trattasse di una disciplina poco pertinente con qualsiasi precedente esperienza motociclistica. E ci avevamo visto giusto.

Il doppio volto della Royal Enfield Himalayan

Ma procediamo con ordine: la moto scelta per accompagnare gli “studenti” alla scoperta dell’arte della derapata è l’Himalayan FT 411, enduro monocilindrica che grazie al mix di semplicità tecnica e facilità di guida ha saputo conquistare un ruolo di primo piano nella gamma della Casa. Questa moto rappresenta a nostro avviso una scelta azzeccata per i principianti della specialità Flat, in quanto, oltre al peso ed alle dimensioni contenute, vanta un propulsore capace di poco più di 26 cv di potenza che di certo non incute timore. Ovviamente, una cosa è andarci a spasso su asfalto o intraprendere una strada bianca in occasione di una gita rilassante, tutt’altra cimentarsi su un tracciato di brecciolina fine fatto apposta per far perdere aderenza agli pneumatici al minimo accenno di gas. Però, ignari di tutto ciò, al primo sguardo ci siamo sentiti in un certo senso rassicurati.

Sempre in tema della moto, va detto che l’enduro stradale di casa Royal Enfield riceve parecchi interventi prima di varcare i cancelli dell’Ovale: alleggerita di tutte le sovrastrutture non necessarie, l’Himalayan da Flat Track viene allestita con codino e sella dedicati, manubrio dall’impugnatura leggermente più ampia, sospensioni ribassate e cerchi da 18”, in luogo del 21” anteriore e 17” posteriore di serie. Il monocilindrico a due valvole con raffreddamento aria/olio resta invariato, con solo l’aggiunta di uno scarico laterale realizzato su misura dagli specialisti S&S. La prima rivelazione sconcertante che si ha guardando la moto è l’assenza del freno anteriore, con il mozzo ruota in bella vista e la privazione della rassicurante presenza della leva al manubrio. Sale la tensione.

In sella: un mondo nuovo

Ricevuti i fondamentali rudimenti da parte degli istruttori, i pluripremiati specialisti del Flat Track Vittorio Emanuele Marzotto e Niko Sorbo, è il momento di scendere in pista. O meglio, “pistina”, considerato che con l’obiettivo di far prendere confidenza con il terreno la Scuola prevede il primo esercizio all’interno di un ovale realizzato con appositi birilli, che fa da entreneuse al piatto forte servito sull’ovale vero e proprio.

Pronti via, ecco la prima scivolata. Non scivolata del posteriore, quella sarebbe stata un successo, bensì proprio una chiusura di anteriore a bassa velocità che ci battezza senza tanti complimenti. Dopo giusto un attimo di sconforto risaliamo in sella, ripetendoci nella mente gli accorgimenti imparati dagli istruttori. La gamba interna alla svolta dev’essere protesa verso l’asfalto, il piede con la punta rivolta verso l’esterno e posizionato leggermente più avanti del busto. La moto va inclinata controbilanciando con il peso del corpo, che tende a restare verticale rispetto al terreno, avendo cura di mantenere l’impugnatura salda con le mani che stringono il manubrio dall’alto. Il capitolo riservato alla frenata si esaurisce subito, considerato che, pur avendo a disposizione l’impianto posteriore, non si utilizza mai. Per rallentare in prossimità della curva si deve semplicemente (si fa per dire) puntare l’interno della svolta, chiudere i gas e lasciare che l’alleggerimento del posteriore e il freno motore inneschino la deriva della ruota motrice fino ad arrivare poco oltre metà curva.

Di qui, con lo stivale che si consuma sul brecciolino e la ruota anteriore che sembra lì lì per abbandonarti, la teoria prevede che il pilota vada a richiamare il gas mettendo la moto di traverso e lasciando che la derapata lo accompagni fin sul rettifilo seguente. Questa, come detto, è la teoria, perché nella realtà le reazioni della moto ad ogni sollecitazione dell’acceleratore appaiono brusche, immediate, poco controllabili, restituendo la sensazione che di lì ad un istante tu possa terminare la tua corsa rotolando sul selciato. Queste sono le prime sensazioni che, a onor del vero, sfumano anche abbastanza rapidamente soprattutto una volta affrontato l’ovale “vero”, considerato che tutte le reazioni della moto appaiono più calibrate e in un certo senso prevedibili. Tuttavia, è percettibile quanto stiamo andando piano, così come è evidente che sforzarsi di voler guidare con maggiore grinta non possa far altro che portare ad assaggiare l’asfalto a ripetizione.

È duro il Flat Track, e la Slide School ce l’ha sbattuto in faccia così, senza tanti giri di parole. Il fatto di non sentire mai con sicurezza quello che accade sotto la ruota anteriore va oltre gran parte quelle che possono essere le esperienze motociclistiche più usuali. Si tratta di adottare una guida istintiva, di saper plasmare i propri movimenti e le azioni in funzione delle sollecitazioni che si affrontano, via via sempre diverse, spostando il peso del corpo per contrastare le derapate eccessive oppure essere pronti a dare possenti zampate per terra per riprendere l’anteriore che tende a chiudersi sulle buche o gli avvallamenti. È una disciplina a sé stante, per la quale potrebbe certamente partire avvantaggiato chi già gode di esperienze nel fuoristrada (in particolare il cross) ma capace di far sentire i motociclisti stradali/pistaioli come fossero dei pargoli catapultati dalla scuola dell’infanzia alla specializzazione universitaria in astrofisica. Insomma, avete capito.

L’invito è quello di provare la Royal Enfield Slide School e verificare con mano. La disciplina del Flat Track è ancora poco conosciuta e praticata, e questa è l’occasione giusta per scoprire un modo totalmente nuovo di intendere la moto. Magari potreste scoprire di essere i futuri campioni della specialità!

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