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SBK, Arcangeli: “I miei genitori vorrebbero smettessi, ma io continuo a crederci”

INTERVISTA - “Mio padre si è convinto che è destino se ogni volta ci fermiamo a un passo dal farcela. La mia carriera è sempre stata tormentata e ho il budget solo per tre gare del National Trophy, ma finché c’è un 1% di possibilità di arrivare in WorldSBK io ci provo”

SBK: Arcangeli: “I miei genitori vorrebbero smettessi, ma io continuo a crederci”

Alessandro Arcangeli ha solo 21 anni, eppure di storie da raccontare ne ha parecchie. Vuoi per il suo singolare esordio nel Campionato Italiano Minimoto; o per il fatto che quando la fortuna sembrava avergli sorriso dopo un periodo complicato, questa è tornata a voltargli le spalle, strappandogli dalle mani l’occasione di debuttare nel CIV Superbike con il team SLP Squadra Corse, a poche settimane dall’inizio del campionato.

Un imprevisto che non ha tolto al primo Campione Italiano del Trofeo Aprilia RS660 la voglia di continuare a credere in se stesso e di darsi una possibilità. Portandolo a schierarsi al via del primo Round del National Trophy 1000 con una vecchia BMW S 1000 RR e un budget inversamente proporzionale alla sua voglia di dimostrare dove può arrivare in sella a una moto. Un tentativo di rilancio ancora tutto da scrivere e di cui abbiamo parlato con Arcangeli, ripercorrendo anche alcuni momenti significativi della sua carriera.

Alessandro, sei soddisfatto del settimo posto a Misano?
“Abbastanza. Da 1 a 10, direi 8. Magari si poteva fare un pochino meglio, però sì”.

Con che spirito stai vivendo questo ritorno nel National? Lo vedi come un’occasione per riscattarti?
“Sono molto carico e ho voglia di dimostrare, quindi lo sto vivendo bene. L’unica cosa è che correndo con una moto del 2015/18, molto basica, senza elettronica né niente, faccio fatica a riscattarmi, perché non ce la faccio a stare dietro ai primi: posso puntare quanto voglio su me stesso, ma non riesco ad arrivare a certi tempi. Giocarmi il podio sarà quasi impossibile ma, se riuscissi a fare un gran lavoro, secondo me in qualche gara potrei arrivare nei cinque”.

Stai correndo con il supporto del team 322 Racing Service. Come è nata questa collaborazione?
“Conosco un amatore che mi ha prestato la sua moto e mi ha detto di portarla da Serri per farmi da assistenza e metterla un po’ a posto a livello di sospensioni. Devo dire che mi sto trovando veramente molto bene con Cristian, che è un’ottima persona, sia a livello umano che di competenze. Ne sa veramente tanto ed è stato davvero bravo a mettermi subito a posto la moto a Misano, nonostante sabato abbia piovuto e sia riuscito a provarla solo due turni al venerdì. Girare in 1’38” al terzo turno non è poco”.

Sei iscritto alla categoria Fast Experience, quindi non farai tutta la stagione?
“Dipende dal budget: purtroppo per ora riesco a coprire solo le prime tre gare. Se poi dovessi riuscire a trovare il budget per continuare, mi iscriverei come wild card. È una situazione complicata”.

Ma tu non mi sembri uno che si arrende.
“No, perché penso di essere molto forte. Il mio obiettivo sarebbe quello di arrivare nel Mondiale SBK e, anche se è sempre più difficile, fino a che c’è anche solo l’1% di possibilità io ci provo sempre. Cerco di rimanere nel giro, sperando che prima o poi arrivi la mia fortuna”.

Questo non è il primo momento difficile che ti trovi ad affrontare. Arrivi da un biennio molto travagliato e hai anche sofferto un brutto infortunio nel 2022 in Pirelli Cup.
“Ero caduto al Mugello riportando la rottura di una costola, della scapola, della testa dell’omero e la perforazione di un polmone. Sono stato fuori sei mesi e poi, quando sono tornato, sono caduto nel primo test a Misano e mi sono rotto il gomito. Quella è stata l’unica volta in cui ho quasi pensato di smettere, ma poi è arrivata la chiamata di Gabriele Pierni, che stava cercando un pilota a campionato già iniziato, e ho colto la palla al balzo”.

Quei quattro Round nel National Trophy 1000 sembravano averti aperto le porte del CIV SBK, invece cosa è andato storto con SLP Squadra Corse?
“Non so rispondere, perché non l’ho capito nemmeno io. C’erano tante cose in ballo, sembrava dovessimo anche arrivare al Mondiale, invece dopo una caduta a Vallelunga i rapporti si sono rotti e, anche se poi siamo andati a Misano, dopo è arrivato il licenziamento. Pierni ha deciso di andare avanti con un altro pilota e io non posso far altro che rispettare la sua decisione. Quello che mi dispiace è che da come era partita sarei dovuto restare nei dieci, invece ci siamo trovati a lottare per il podio in quasi tutte le gare. Credo che se mi avesse lasciato più tempo sarei andato molto bene, ma ormai è andata e indietro non si torna”.

Quanto è importante il supporto della tua famiglia nel cercare di portare avanti questo percorso? 
“Fino a due anni fa tanto, ma da quando ho avuto quella brutta caduta al Mugello i miei genitori vorrebbero che smettessi. Mio padre è sempre stato una figura molto importante, perché ha sempre vissuto questo sport insieme a me e tutt’ora mi aiuta a trovare degli sponsor grazie al suo bar, ma quando Pierni mi ha lasciato a piedi era convinto che avremmo smesso. Fino a qualche anno fa era molto orgoglioso, mentre adesso è come se avesse smesso di crederci. Si chiede sempre perché ogni volta arriviamo a un passo dal riuscire a farcela e crede sia destino che non ci riusciamo mai”. 

Magari non si trattava delle strade giuste per te.
“È quello che mi ripeto ogni volta e ogni volta ci riprovo sempre, perché mi sento bene in moto e sento che se arrivasse anche solo una piccola possibilità riuscirei a sfruttarla. Proprio come ho fatto l’anno scorso. La mia è sempre stata una carriera molto tormentata, però mi sono tolto anche qualche soddisfazione, come il fatto di essere stato preso per le selezioni della Red Bull Rookies Cup arrivando dalla Yamaha R125. Avevo superato la prima fase nonostante fossero due mondi completamenti diversi, ma, nel tentativo di fare meglio degli altri italiani, poi sono finito nella ghiaia. Mi avevano detto di tornare l’anno dopo, perché se non avessi commesso lo stesso errore sarebbe stata la volta buona, ma nel 2017 avevo passato le selezioni per la Yamaha R3 bLU cRU ed ero stato preso per fare il Mondiale SSP300, quindi non ci ero andato. Alla fine non se n’è fatto niente, perché non sapendo dove prendere i soldi che mi avevano chiesto per il Mondiale non sono andato nemmeno lì. Qualcuno però quel qualcosa in me l’ha sempre visto ed è anche per questo che ci credo ancora, perché quello che mi è mancato non è stata l’occasione ma il budget e so che una squadra riuscirei a trovarla, se qualche imprenditore investisse su di me”.

Credevi sarebbe stato più semplice andare avanti dopo aver vinto il Trofeo Aprilia RS660 nel 2021?
“A dir la verità, pensavo di sì. Dopo aver vinto con la RS660 credevo mi si sarebbe aperta qualche porta, invece meno di zero. Avevo vinto quattro gare su cinque, senza partecipare all’ultima perché non avevo soldi per farla, e il mio team, BK Corse, l’anno dopo era andato a correre nel CEV Moto2, chiamando Marcon. A me non avevano detto nulla, mi avevano soltanto fatto fare un test con Nuova M2 Racing. Ero andato forte e mi avevano proposto di correre nel CIV, ma non avevo i 50.000 euro, più cadute, che mi avevano chiesto. Speravo mi dessero una mano, o che sarei andato con loro a correre nel CEV, invece niente. Sembra che ad Aprilia non sia piaciuto il mio comportamento, perché avevano in mente di fare una gran festa a Vallelunga, e sarebbe stato bello se avessi vinto tutte le gare del campionato, ma io non avevo i soldi per fare quel Round, nemmeno mettendoceli di tasca mia. Anche lì, è andata così”. 

Ma come è nata questa tua passione per il motociclismo?
“Quando ero molto piccolo facevo fatica a muovere le gambe, così mi avevano comprato una Vespa della Chicco per aiutami a svilupparne l’uso. Quando avevo due anni, guardavo le gare della MotoGP e imitavo le moto con la mia Vespa, così un giorno il mio babbo, scherzando, mi chiese se volevo provare e a tre anni sono salito su una minimoto. È stato quando avevo otto anni, però, che siamo entrati davvero nel pieno, perché il caso ha voluto che fossimo a Napoli quando c’era la prima tappa del Campionato Minimoto. Io e il mio babbo abbiamo deciso di fare quella gara per gioco, io e lui contro tutti. Avevamo una moto vecchissima e lui, facendo il barista, non sapeva neanche come metterla a posto. Stare nei dieci sarebbe stato un successo, ma io quella gara la vinsi ed eravamo primi nel Campionato Italiano (ride). La Federazione ci disse che avrebbe avuto piacere che il leader corresse anche la seconda gara, così siamo andati a Bari, dove ho fatto 2°, e poi siamo stati in lotta per il campionato fino alla fine, anche se poi l’ho perso. È stata un’avventura, ma siamo comunque arrivati secondi nel Campionato Italiano! Io e mio padre, con una tenda, che cercavamo di divertirci come potevamo. Da lì abbiamo iniziato a correre, provando con le Mini GP l’anno successivo, e cercando sempre di arrabattarci con quel poco che avevamo. Nel mio piccolo sono comunque contento della mia carriera, perché sono riuscito ad arrivare a correre con una 1000cc, a cui tanti nemmeno arrivano”. 

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