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MotoGP, Crisi Honda? Doohan, Rossi e Marquez: l'HRC ha sempre creduto nei fenomeni

L'ANALISI - A Tokyo hanno sempre voluto la prima guida: compresi Spencer, Lawson e Stoner. La differenza: le moto di Mick e Valentino le guidavano tutti, quella di Marc solo lui

MotoGP: Crisi Honda? Doohan, Rossi e Marquez: l'HRC ha sempre creduto nei fenomeni

La parabola della Honda in questi ultimi anni si potrebbe riassumere in quattro parole: dalle stelle alle stalle. In appena 3 stagioni, il sogno si è trasformato in incubo e questa metamorfosi è coincisa (oltre che a essere causata) dall’assenza della sua stella, Marc Marquez. Con il pilota spagnolo, HRC aveva vinto 6 titoli in 7 anni, senza di lui non è riuscita nemmeno a vincere una gara negli ultimi quattro. Senza contare un record storico - ma non di quelli di cui andare fieri - le zero vittorie nel 2019 e nel 2022.

Negli ultimi 40 anni non era mai successo - dopo quel primo titolo il 500 nel 1983 che porta la firma di Freddie Spencer - Honda non era mai rimasta a bocca asciutta nella classe regina. Anche negli anni peggiori, un paio di trofei erano stati messi in bacheca.

Nella tabella qui sotto abbiamo analizzato gli ultimi 4 decenni della Honda in 500 e MotoGP attraverso i numeri. Per farlo, abbiamo preso in considerazione la posizione in campionato del migliore pilota HRC e del secondo, poi le vittorie ottenute in ogni stagione dal pilota di punta e dagli altri.

Il primo dato che salta all’occhio è che dal 1983 al 2019 il peggiore risultato della Honda in campionato è stato il 3° posto e, anzi, il terzo gradino del podio è stata quasi un’eccezione (Doohan nel 1990, Beattie nel 1993, Pedrosa nel 2008 e nel 2009 e Marquez nel 2015). Il collasso nel 2020, quando Nakagami arrivò 10° a fine stagione, un risultato peggiorato in questo 2022 con il 13° posto di Marquez (che però ha corso solamente 12 dei 20 GP in calendario).

Un’altra particolarità è che Honda ha sempre puntato su un solo pilota e spesso e volentieri ci ha visto giusto. Tutto diventa più evidente con Mick Doohan: prima c’erano stati Spencer e Gardner, poi il lampo di Lawson, ma l’australiano è il primo che ha inaugurato un’era. I suoi 5 titoli consecutivi dicono tutto e il suo posto (dopo l’intermezzo di Criville, che riuscì a brillare solo quando lo scomodo compagno di squadra si ritirò) fu preso da Valentino Rossi. Con lui si inaugurò una nuova epoca, che traghettò la Honda dalla 500 alla MotoGP continuando a vincere.

Quando il Dottore se ne andò sbattendo la porta, iniziarono i problemi, ma non troppi, perché la moto era competitiva. I due secondi posti di Gibernau e Melandri (con il team satellite di Gresini) sono stati un intermezzo, prima del titolo di Hayden. Non era però l’americano il predestinato di Tokyo, ma Pedrosa. Dani ha vinto tanto con la Honda, ma mai il titolo, nonostante i giapponesi puntassero tutto su di lui, fino a fare una moto ‘mini’ per venire incontro alle sue dimensioni.

Per 4 anni fallì la rincorsa al titolo e a sistemare le cose arrivò Stoner, campione nel 2011. Una nuova era sembra essere iniziata, ma Casey aveva altre idee e se ne andò. Fortunatamente per la Honda, era pronto un altro campione, Marc Marquez, che dal 2013 in poi si è impegnato a ritoccare molti record della MotoGP.

Con lui, però, iniziarono anche i problemi perché l’enorme talento dello spagnolo iniziò a nascondere i problemi della sua moto.

Da metà degli anni 90 in poi, la Honda aveva una moto quasi perfetta: la NSR 500. Con lei non vinceva solo Doohan, ma in tanti: Cadalora, Puig, Checa,  Criville, un po’ come la Ducati oggi. Anche la RC211V, la sua prima MotoGP a 5 cilindri, seguì quella tradizione e basta dare un’occhiata alla tabella qui sopra per vedere in quanti hanno avuto successo con lei. Le cose iniziarono a complicarsi nel 2007, quando si passò ai motori di 800 cc. Con quella moto per quattro anni vinse solo Pedrosa (con l’unica eccezione di un centro di Dovizioso), poi Stoner.

Con il ritorno alle mille, le cose non sembrarono migliorare, ma va detto che il dominio di Marquez lasciava poco spazio agli altri. Fatto sta, che l’unico anno in cui sulla Honda hanno vinto 4 piloti diversi è stato il 2016 (tenendo conto anche della vittoria di Miller ad Assen in condizioni meteorologiche molto particolari).

Il campanello di allarme avrebbe dovuto suonare definitivamente nel 2019, primo anno in cui solo Marquez fu vincente sulla RC213V. Un 12 (vittorie) a 0, che dimostrava come ormai quella moto la potesse e sapesse guidare solo lui.

Il resto è storia recente, con una disfatta senza precedenti. Quando si tocca il fondo, non si può che risalire e ancora una volta la Honda si affiderà a Marquez per riuscirci. A Tokyo non sono mai piaciuti i dualismi in stile Rossi-Lorenzo nello stesso box e hanno sempre puntato su un solo pilota. Molte volte è stata la loro forza, ora si è rivelata una grande debolezza. Però sembra essere questo il motivo per cui hanno aspetto Marc per così a lungo, accettando la sconfitta.

Jorge Lorenzo, Alex Marquez, Pol Espargarò non sono stati coinvolti abbastanza nel progetto e il rischio è che Rins e Mir, i nuovi arrivati, debbano subire la stessa sorte. Due piloti di assoluto valore, ma capitati in Honda più per il ritiro di Suzuki che per una reale volontà della Honda.

Il deus ex machina continua a essere Marquez, sperando che le sue magie bastino a ribaltare la situazione.

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