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Yamaha e Honda: orgoglio e pregiudizio, crisi diverse in MotoGP

Da una parte la Casa di Iwata ha deciso di cambiare tutto, assumendo Marmorini e poi Bartolini. Dall’altra la HRC, fedele al dogma aziendale: le corse servono per far crescere i giovani ingegneri

MotoGP: Yamaha e Honda: orgoglio e pregiudizio, crisi diverse in MotoGP

Nel 2024 in pista ci sono due campionati distinti ormai. I Costruttori europei si giocano podi, vittorie e sono in corsa per il titolo iridato. I due giapponesi invece annaspano, perdono colpi ed affrontano la situazione con due stili completamente diversi il che dimostra quanto sia epocale il cambiamento soprattutto per una delle due. Partiamo dalla Yamaha, ovvero la Casa che ha cambiato pesantemente il proprio approccio alla MotoGP. Tutto è partito con l’ingaggio dell’ingegnere Marmorini per cercare di tirare fuori altri cavalli buoni dal 4 in linea della M1.

Una necessità che con l’avvento di concetti aerodinamici applicati alle moto sempre più spinti è diventata fondamentale per sopravvivere in pista. Per avere ali capaci di creare carico, serve un motore con sufficiente potenza per non sacrificare troppo sull’altare della velocità massima e Marmorini, ingegnere con lunghissima esperienza in Ferrari e Toyota in Formula1, lavora ormai da oltre un anno sullo sviluppo di novità tese a raggiungere questo scopo. Non sembra ci sia in cantiere il passaggio al V4, ma in vista dei nuovi regolamenti diventa lecito attendersi qualsiasi cosa.

Il secondo colpo Yamaha l’ha fatto ingaggiando Max Bartolini, uomo di fiducia di Gigi Dall’Igna in Ducati fino a Valencia 2023. Mentre in Formula1 vige la regola del gardening leave, letteralmente permesso di giardinaggio, in MotoGP questa regola è ben lontana dall’essere applicata. La ratio alla base di questa regola è semplice: un ingegnere che lavora per tanti anni in un Reparto Corse, conosce tanti segreti industriali del Costruttore per cui lavora e prima di poter passare in forza ad un Costruttore rivale, deve osservare un periodo più o meno lungo di pausa. Nel Motorsport le cose avanzano molto velocemente ed anche 6 mesi di stop sono abbastanza per offrire un minimo di garanzie, onde evitare di vedere perfettamente mutuate sui mezzi della concorrenza quanto sviluppato in casa con anni di investimenti economici. Bartolini invece è passato armi e bagagli in Yamaha con l’unica pausa dovuta alla necessità di passare da una polo rossa ad una blue, con somma gioia di Gigi Dall’Igna, come potete facilmente immaginare.

I risultati di questo vero terremoto tecnico ovviamente ancora non si sono visti, perché ci vuole tempo per cambiare lo status quo anche se hai gli strumenti e le conoscenze per riuscirci. Probabilmente anche questo comportamento di Yamaha ha convinto Fabio Quartararo, oltre ad un consistente assegno, a restare in sella alla M1 per altre due stagioni come minimo. Ci vorrà insomma del tempo, ma il punto non è tanto questo, quanto l’approccio diametralmente opposto rispetto ad Honda.

Passiamo infatti a fare un ragionamento su quanto accade in Honda, che tra le due è senza dubbio quella messa peggio. Su tre Gran Premi del 2024, già due volte le ultime quattro caselle dello schieramento sono state occupate dalle RCV, uno smacco decisamente imbarazzante per la HRC, che neanche in gara ha avuto fino a questo momento la pur minima soddisfazione. Marc Marquez era il faro del progetto e almeno qualche bel risultato è stato in grado di farlo fino alla fine, mentre adesso Mir, Marini, Zarco e Nakagami girano su tempi che quasi sembrano apparire ad un altro sport. La vittoria di Rins ad Austin nel 2023 sembra oggi un miraggio.

Anche in Honda ci sono stati cambiamenti, ma non certo del stesso tipo di quelli registrati in Yamaha, unica altra superstite giapponese in pista. Honda affronta da sempre le gare per uno scopo ben preciso, ovvero far lavorare sul campo giovani ingegneri che poi sono destinati a progettare e sviluppare moto e anche scooter. E’ sempre stata la forza della Honda quella di lavorare in questo modo, creando delle eccellenze al proprio interno attraverso la formazione sui più duri campi di gara. In passato questo non ha mai rappresentato un problema, Honda ha dominato in lungo e largo nel motomondiale costruendo spesso la miglior moto del paddock, quella più desiderata.

Solo che nelle ultime stagioni qualcosa sembra essersi inceppato in questo sistema di lavoro e i risultati sono lì a testimoniarlo. Forse manca la persona giusta nel posto giusto, ma le voci che avrebbero visto Gigi Dall’Igna tentato dall’ipotesi Honda sono rimaste tali. Viene da pensare che in realtà quel contatto, ammesso che sia avvenuto, sia stato orchestrato da Alberto Puig prima ancora che dal Giappone, per sondare il terreno e magari una volta ottenuto un si da Dall’Igna provare a convincere il board ad effettuare questo cambiamento epocale. Solo che mentre Yamaha sembra ormai aver perso questa visione nazionalistica in favore della ferrea volontà di tornare protagonisti, in Honda non sembrano affatto contemplare per ora questa strada, almeno per quanto riguarda la parte tecnica del progetto MotoGP.

Gli uomini in pista sono un’altra cosa, dal team manager a tutte le figure che gli gravitano attorno. Gli ingegneri invece devono essere giapponesi e devono far parte di quel percorso tanto caro a Soichiro Honda in persona, ovvero sperimentare in pista, accumulare esperienza e poi travasarle sul prodotto di serie. Una volta poi si diceva incessantemente: win on Sunday, sell on Monday. Vinci la domenica, vendi il lunedì. Questa correlazione sembra non esistere più o quanto meno sembra non aver minimamente influito sulle vendita di Honda nel mondo, visto che resta di gran lunga il primo Costruttore al mondo di mezzi a due ruote e sforna costantemente mezzi di successo. D’altra parte a fine 2023 abbiamo tutti visto con quanta facilità Honda abbia lasciato andare via Marc Marquez, l’unico asso presente nel mazzo di HRC. Di certo non sono folli, semplicemente antepongono sempre l’azienda, la moto e anche la dottrina nazionale a qualsiasi altro interesse. Vincere gli interessa, ma non ad ogni costo e forse nella MotoGP attuale questo è un limite difficile da superare.

Tuttavia per Honda una speranza c’è e riguarda soprattutto il futuro cambio regolamentare, perché quello sarà il momento per mostrare davvero la propria forza, per mostrare di che tipo di tecnologia disponga una Casa rispetto alle altre. In Formula1 ci hanno messo anni accumulando magrissime figure con la McLaren prima di mettere in pista il migliore motore del lotto, quello che sta permettendo a Max Verstappen e Red Bull Racing di dominare in lungo e in largo. Forse succederà la stessa cosa anche in MotoGP, ma senza un cambio regolamentare è facile prendere almeno altri 3 anni di pura sofferenza per chi tifa Honda e HRC.

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