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Tutti i problemi irrisolti del motomondiale, una guida per iniziare a capirli

E' indubbio che la MotoGP valga molto di più, come sport e come spettacolo, di quanto attualmente sia percepito. Purtroppo nessuno al momento sembra mettere mano alle soluzioni. E' difficile eh...vediamo di ragionare su alcuni punti (senza la presunzione di trovare soluzioni immediate)

Tutti i problemi irrisolti del motomondiale, una guida per iniziare a capirli

Due di tre. Non sono uno scherzo queste flyaway, come le chiamano le agenzie di viaggi. Dalla Malesia al Qatar sono solo sette ore e mezzo di aereo, ma arrivano ad appena una settimana di distanza dall’altra tripletta Indonesia-Australia-Thailandia, che non è stata uno scherzo. E che a sua volta era stata preceduta, dopo una settimana di respiro dai GP di India e Giappone.

Otto Gran Premi a partire dal 24 settembre significano 16 gare in 10 settimane. Duro per i piloti, durissimo per tecnici e meccanici che lavorano con una intensità incredibile durante questo periodo.

Dimentichiamoci i tempi in cui, alla sera, ci si incontrava a cena a Kuala Lumpur all’Hard Rock caffè o da Modesto’s. Oggi le squadre mangiano tutte in circuito, pranzo e cena. Non si muove nessuno. E se è vero che nel passato c’erano i motori due tempi da rifare e poi da accendere a notte inoltrata, il resto delle moto era molto più semplice da gestire.

MotoGP , troppi Gran Premi, troppo vicini e con moto troppo complesse: e i GP diventano processioni

Non c’era l’elettronica da settare, non c’erano strategie da pensare ed attuare. Non c’erano soprattutto due gare nel fine settimana a tenere le pulsazioni alte a tutti i membri delle squadre.

Tutto questo per cosa? Il Gran Premio della Malesia, nonostante la splendida prestazione di Enea Bastianini e la consistenza mostrata da Alex Marquez, con un Pecco Bagnaia redivivo autore di un sorpasso all’esterno su Jorge Martin da manuale, è stata una processione.

Il quarto è arrivato a 10 secondi, il quinto, un campione del mondo come Quartararo, a 15”. Un fenomeno come Marquez 13° a 27”.

E se due campioni del mondo, di indubbio talento come Fabio e Marc fanno la figura dei comprimari, c’è qualcosa che non va. Qualcosa che non funziona.

 

Mercato piloti a novembre, contratti come carta straccia

Anche il fatto che siamo qui ad inizio novembre ancora a parlare di mercato piloti, è una anomalia gravitazionale. Piloti ‘espulsi’ dal proprio sistema planetario di appartenenza - il caso di Marquez, ma anche di Marini - è inspiegabile…oppure no: è il segno di un sistema che non funziona. Carletto Pernat ha ragioni da vendere. Attenzione, quelle che seguono non sono critiche, fintantoché ai giornalisti non verrà data la possibilità di influenzare lo status quo, potremo solo constatare ciò che avviene davanti ai nostri occhi.

Parliamo per prima cosa di ciò che ci è più vicino: i colleghi. Ormai la stampa politica e persino gli sportivi seguono marginalmente la MotoGP. E non possiamo dimenticare che ai tempi del titolo di Marco Lucchinelli - era planetaria 1981 - c’erano tutti. Tutti i quotidiani sportivi, tutti i politici, Unità inclusa.

 

I media generalisti non seguono più il motociclismo

Oggi ci sono due siti web e La Stampa, i curiosi vadano a vedere chi ci scrive.

Quello del 2023, poi, è un mondiale perché gira il mondo, ma dei 23 piloti che hanno preso parte al GP della Malesia, 6 sono italiani, 11 spagnoli, 2 francesi, un portoghese, un giapponese, un australiano. Americani: zero. Tedeschi, zero. Inglesi: zero.

Vabbè, è facile dire che Dorna ha fatto un grande lavoro nella penisola iberica e che ha favorito la crescita di tanti campioni. Ma le Federazioni, a pancia piena grazie al ‘leasing’ del mondiale alla Dorna cosa fanno?

Ve lo diciamo noi: niente. Basti pensare che persino la festa di fine anno della FIM - quest’anno sarà a Liverpool - che dovrebbe incoronare i campioni delle due ruote tutti belli inpinguinati in smoking, è spoilerata dalla festa che la Dorna organizza la domenica sera dopo l’ultimo GP della stagione a Valencia.

L'Italia deve dire grazie alla VR46 Academy di Valentino Rossi, non alla FMI

Aggiungiamo, per parlare di casa nostra, che dei sei italiani ben quattro arrivano dalla VR46 Academy di Valentino Rossi, il che significa che privati lungimiranti ed appassionati possono fare ‘sistema’ e produrre talenti. Cosa che dovrebbe essere compito delle federazioni. Ma tant’è.

OK, proseguiamo. Parliamo della gestione tecnica del campionato. Chi se ne occupa innanzi tutto. Teoricamente FIM e Dorna, non necessariamente in questo ordine perché in realtà è tutto nelle mani della Dorna che ha affidato, parzialmente ovviamente, la gestione a dei tecnici suoi dipendenti, anche quando di fatto indossano una camicia FIM, dimenticando che le regole sono un fatto politico, non tecnico.

Così abbiamo assistito all’arrivo, inevitabile, dell’aerodinamica, gestita con delle regole ridicole che ne hanno permesso la proliferazione. Chi le ha inventate (la famosa scatola o dima che dir si voglia nella quale deve entrare la carenatura) ha dimenticato che la deportanza è un fatto di superfici alari. Più ne crei e più ne ottieni. Ma è un discorso lungo.

I problemi della Michelin sono causati da un regolamento fuori controllo

L’aumento di carico ha comportato la ricerca di come ottenerne ancora di più, e sono nati gli abbassatori. Cosa che ha creato come diretta conseguenza problemi agli pneumatici, soprattutto all’anteriore. L’aumento di velocità e la riduzione della distanza di frenata ha consigliato ai costruttori di freni l’aumento della dimensione dei dischi, che ha comportato un ulteriore aumento delle temperatura con masse radianti da 800°a stretto contatto con i cerchi. Poi ci lamentiamo che la casa di Clermont Ferrand ha chiesto una regola per l'introduzione della pressione minima. Il prossimo anno ci divertiamo con la squalifica immediata.

Un problema via l’altro. Tutto è collegato.

E mentre ciò accadeva nel regolamento generale non c’era alcuna norma relativa alla possibilità di schierare più squadre con la stessa moto, ma ciononostante ad alcuni è stato permesso (Ducati) e ad altri impedito (KTM). Nella futile ed inutile attesa di altri costruttori che latitano e dopo aver assistito alla fuga di una grande casa giapponese, la Suzuki, alla quale dobbiamo, ad iniziare dalla fine degli anni ’70, la diffusione della classe 500 grazie alla produzione della Suzuki RG, fantastica moto prodotta in centinaia di esemplari per i piloti privati. Non troppo diversa da quella a disposizione degli ufficiali e che consentirà, solo come esempio, a Franco Uncini di arrivare 4° nel mondiale, prima di vincerlo nel 1982.

Ormai questo pezzo mi ha preso la mano. Potrei continuare esempio dopo esempio, indicando alcune delle tante cause dietro alla stagnazione del motociclismo come sport di massa.

Le TV a pagamento? Certo, anche loro hanno avuto un peso specifico importante, perché se un avvenimento sportivo non lo vedi, difficili che ti appassioni.

Ma c’è responsabilità anche da parte delle Case, perché hanno investito tantissimo in tecnologia - ed infatti oggi abbiamo dei missili in pista, ma anche delle stupende e velocissime moto di serie - ma pochissimo nella comunicazione.

E la scusa è che le supersportive non si vendono più. Come se girassimo tutti alla guida di monoposto di F1! (che invece macina record di ascolti)

(Continua)

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