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Moto3, Masia: "Il gioco di squadra nel team è stata la chiave per vincere il titolo"

"Forse è ciò che è mancato all'altra squadra. Ho sempre pensato di correre con la moto migliore, nel team migliore con le persone migliori. Con questa dedizione era difficile dormire senza aver dato il 120%. Le critiche? saremo entrambi in Moto2, il futuro dirà chi è il migliore"

Moto3: Masia:

Il 2023 ha visto lo spagnolo Jaume Masia fregiarsi del titolo di campione del mondo Moto3 in una stagione che lo ha visto primeggiare in quattro circuiti, e mantenendo una costanza di risultati salendo sul podio altre sei volte e segnando ben sei pole position.
 

Una corona strappata letteralmente dalle mani del giapponese Sasaki in quel GP del Qatar che ha fatto tanto discutere a causa dell'eclatante gioco di squadra che ha consegnato così al team Leopard il suo quarto titolo piloti. Ora a luci spente e adrenalina smorzata dopo che le saracinesche dei box si sono abbassate definitivamente sulla stagione 2023, al termine dei test Moto2 di Valencia, Masia ha raccontato la sua stagione ai colleghi di Marca, rispondendo anche a quelle critiche piovute proprio al termine del GP di Losail.

 

Dal tuo debutto in Moto3 nel 2017 sono passati sei anni, hai mai avuto dubbi sul riuscire a conquistare il titolo?"E' naturale che li ho avuti, chi non ne ha? - commenta lo spagnolo - La pressione è sempre stata alta, specialmente dopo ciò che è successo in Austria e a Silverstone.. mi sono chiesto se di nuovo fosse l'anno giusto, il mio anno. Ho continuato a fidarmi e a lavorare e questo mi ha aiutato a tenere la mente sgombra da questi pensieri. La vita voleva che io vincessi il titolo e così è stato".

 

Hai detto di aver fatto uno step in termini di maturità. Sotto quali aspetti senti di esser cresciuto come pilota?
"Avere una fiducia incredibile con tutto il team e la squadra del team Leopard mi ha reso facile fidarmi e tirar fuori il cento per cento in tutti. Da ciò che mi dicevano i meccanici al mio capotecnico, la mia fiducia nel team era completa. Penso che questa sia stata la chiave di questa stagione, mi ha aiutato a dissipare ogni dubbio e incertezza a livello umano e professionistico. La costanza di questa stagione è una conseguenza di tutto ciò".

Non sono mancate però anche delle critiche sul finire di stagione in Qatar. Come le avete gestite?
"Ho la fortuna di essere circondato da persone che mi vogliono bene. Vincere un Campionato del Mondo è una sforzo lungo 21 gare, non di una gara sola. Credo di aver fatto un ottimo lavoro, col team abbiamo avuto chiaro sin da subito quanto fosse importante il lavoro di squadra, di aiutarsi l'un l'altro, cosa che forse l'altro team non ha avuto. Avevo il dubbio che ci saremmo giocati il titolo a Valencia, ma l'idea di cosa sarebbe successo ce l'avevo con tutti quei piloti sulle KTM. Non sarebbe stato bello vivere quella situazione. Ora affronteremo entrambi (lui e Sasaki ndr) una nuova avventura in Moto2, su chi sia il pilota migliore, se sia stata una questione di moto oppure no, lo vedremo in futuro".

L'aver vinto con una Honda contro la marea KTM aggiunge merito al tuo risultato.
"La mia è stata l'unica Honda nella top11 del campionato, penso che questo dica già qualcosa. Gran parte del merito però va sicuramente riconosciuto anche alla squadra, hanno lavorato come degli animali, senza mai risparmiarsi sull'impegno. Sono salito sulla moto pensando che fosse la migliore, che la squadra fosse la migliore, che le persone fossero le migliori, e tutti questi fattori ci hanno permesso di vincere il titolo".

Dopo aver vinto il titolo, hai dichiarato: "Che vi piaccia o no, ha vinto uno spagnolo". La pensi ancora in questo modo, a chi ti rivolgevi?
"La realtà è che nel paddock della MotoGP c'è una marea di spagnoli. E' un fatto innegabile e gli spagnoli spesso occupano le prime posizioni. Ma quel commento è stato frutto di un momento di tensione, un commento sbagliato col senno di poi. Penso di aver interpretato male alcune decisioni della direzione gara, il cui lavoro è difficile e capisco che rimanere totalmente imparziali non sia facile. In quei momenti, con l'adrenalina al massimo e i nervi a fior di pelle, ci si può sentire offesi per ogni cosa minima, ma non volevo offendere nessuno degli altri piloti in pista".

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