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MotoGP, GPOne To One, Taramasso e segreti delle gomme di Ladoux: nella base michelin

VIDEO - “Portiamo 1200 pneumatici a Gran Premio e abbiamo 30 diverse specifiche per coprire le 22 gare del campionato. Preriscaldare le gomme? Se si va oltre le 15 ore serve un giro in più per farle entrare in temperatura”

MotoGP, GPOne To One, Taramasso e segreti delle gomme di Ladoux: nella base michelin

Siamo stati al centro di “Les Gravanches” per vedere come vengono prodotte le gomme Michelin destinate alla MotoGP e alle auto di grandi prestazioni. Lì siamo stati accolti da Matthieu Bonardel, Head of Motorsport Business Line di Michelin, l'uomo che ha sostituito il mitico Pierre Dupasquier. Parliamno di manager super appassionati e super competenti in tutti i settori del motorismo.

Il centro di Les Gravanches è classificato di 'alta segretezza', così come quello di Ladoux, dove vengono letteralmente costruite le gomme da competizione. Va da sé che non ci è stato consentito di scattare foto o riprendere video dei macchinari. Prossimamente vi spiegheremo nel dettaglio, per quanto possibile, il funzionamento dello stabilimento e di come, un unico macchinario, riesca a sfornare da zero in 40 minuti una slick da MotoGP.

La visita si è rivelata l’occasione perfetta per scambiare due chiacchiere con il responsabile di Michelin sui campi di gara, Piero Taramasso e farci spiegare più nel dettaglio l’impegno dell’azienda francese nella classe regina del Motomondiale.
 

Matthieu Bonardel, Head of Motorsport Business Line di Michelin

Piero, quante gomme preparate per la MotoGP?
“In una stagione della MotoGP ne produciamo più o meno 20.000, fra quelle slick e le rain. Portiamo 1200 gomme per ogni Gran Premio, poi, in base alle condizioni ne adoperiamo più o meno 500 o 600”.

Quanti tipi di mescole e di carcasse producete?
“Ogni circuito ha delle specifiche diverse. Su certi tracciati come Le Mans puoi trovare il freddo, mentre piste come la Thailandia sono più sollecitanti perché fa più caldo, quindi abbiamo delle combinazioni diverse. In generale, abbiamo due tipi di costruzioni al posteriore: una standard, che adoperiamo sull’80% dei circuiti; e una un po’ più dura, che usiamo in Thailandia, in India e a Mandalika, dove le sollecitazioni dovute alle temperature sono più alte. Questo perché la carcassa più rigida si muove meno, crea meno temperatura e ci permette di restare più bassi di una decina di gradi. Per quanto riguarda l’anteriore, invece, abbiamo un solo tipo di costruzione, ma sei/sette tipi di mescole che cambiamo in funzione del circuito e che possiamo anche combinare in maniera asimmetrica, mettendo una mescola più morbida su un lato e una più dura sull’altro, in base alla configurazione del circuito e del numero di curve a destra e a sinistra. In totale abbiamo 30 specifiche e con 20 specifiche al posteriore e 10 all’anteriore riusciamo a coprire tutte le 22 gare del campionato”.

Visitando la fabbrica abbiamo capito che la costruzione di uno pneumatico è un connubio tra chimica e ingegneria e che viene prodotto su una forma in acciaio per rispettare la geometria.
“Sì, la gomma non viene fabbricata a piatto e poi configurata, ma è già nella sua forma finale. Quasi come se fosse stampata in 3D. È un procedimento molto preciso, che impiega circa 40 minuti per realizzare una gomma”.
 

La macchina della 'tortura': qui la slick viene sottoposta ad ogni sollecitazione, su tre tipi di asfalto

Poi ci sono anche diversi passaggi di controllo.
“Sì, c’è un controllo visivo, per controllare che abbia un buon aspetto. Poi controlliamo il peso, per verificare che siano stati inseriti tutti i materiali, e poi si passa ai raggi X, per controllare che tutti materiali siano al posto giusto”.

Le gomme della MotoGP richiedono un’equilibratura quasi minima.
“Quasi nulla. Su alcune gomme mettiamo 0, su altre tra i 5 e 10 grammi, perché il sistema di fabbricazione è talmente preciso che non necessita di pesi per controbilanciare”. 

Chi è il primo a collaudare le gomme?
“Quando facciamo un prototipo, il primo a provarlo è il nostro collaudatore Sylvain Guintoli, che fa lo screening delle prime cinque o sei soluzioni e ne sceglie tre o quattro che poi facciamo provare ai tester delle case, come Michele Pirro, Stefan Bradl e Cal Crutchlow. Loro ne scelgono due e questi ultimi due li facciamo provare ai piloti ufficiali, che ci daranno poi il responso finale”.

Adesso state sperimentando una nuova gomma anteriore. Quando sarà pronta?
“Prevediamo di introdurre questa nuova gomma nel 2025, anche se a dire la verità siamo leggermente in ritardo perché al momento abbiamo solo cinque o sei test con i piloti. La gomma sarà realizzata con questo nuovo metodo di fabbricazione, cercando di dare ai piloti un po’ più di feeling all’anteriore e di stabilità quando frenano in curva. L’abbiamo già proposta nei test a Sepang e la proporremo anche a Jerez e negli altri test ufficiali del 2024”.
 

La carcassa della slick è molto dura da fredda, dopo il riscaldamento a 90° la gomma diventa malleabile per 'copiare' meglio l'asfalto

Non tutti i capotecnici della MotoGP preriscaldano l’intero batch di gomme, questo è perché c’è una leggera diminuzione della prestazione quando la gomma viene preriscaldata?
“Dipende da quante ore viene preriscaldata. Se si tratta di 3 o 4 ore no, ma se si va oltre le 10 o 12 ore può esserci una differenza di performance, ma solo nel giro di Warm up. Diciamo che una gomma nuova entra in temperatura in un giro, mentre a una che è stata preriscaldata 10 o 15 ore ne servono due”.

Che scambio c’è di informazioni tra la Michelin e le Case?
“Ci scambiamo tanti dati, non soltanto relativi alle gomme, ma anche al funzionamento della moto e delle sospensioni. Abbiamo degli accordi di confidenzialità e scambiamo gli stessi dati con tutti, anche se poi c’è chi è più disposto a collaborare e chi meno, a seconda della filosofia”.

Questo fine settimana in SBK sono stati costretti al flag to flag per ragioni di sicurezza. A voi è mai capitata una cosa simile?
“A noi era successo in Argentina nel 2016. Purtroppo sono cose che succedono, comunque si sa che Phillip island è un circuito molto sollecitante per gli pneumatici, si passa tanto tempo sull’angolo sinistro generando tanta temperatura, quindi bisogna arrivare là con dei prodotti molto solidi, adatti a quelle condizioni”.

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