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Prova Suzuki Katana Jindachi 2020: un viaggio nel passato

LA PROVA – La creatura del designer Rodolfo Frascoli, che ha vestito la GSX-S 1000 con un abito che richiama la Katana di 40 anni fa, guadagna una versione con nuove finiture ed accessori, oltre che lo scarico Akrapovic

Moto - Test: Prova Suzuki Katana Jindachi 2020: un viaggio nel passato

La Katana è un’operazione nostalgia, un modello perfetto per chi ami lo stile e apprezzi i richiami al passato. La moto omaggia la storia di Suzuki in più di una direzione. Quella più evidente va dritta dritta al 1980, alla prima e rivoluzionaria Katana, nata con la sigla GSX-1100 S, ma diventata famosa con il nome di una spada. All’epoca la casa giapponese stupì il mondo con qualcosa di mai visto prima, che anticipò di non poco concetti stilistici che avremmo poi rivisto sulle sportive moderne. La sua carenatura iniziava a proteggere il pilota, anche per via delle prestazioni elevate che offriva questa maxi.

Fu una moto che segnò la storia delle due ruote e che Suzuki due anni fa ha omaggiato con questa nuova Katana, che ora guadagna una versione Jindachi, con qualche dettaglio rosso, come i sottili stripes sui cerchi, oppure la sella con una rifinitura dedicata, ma soprattutto debutta un doppio cupolino, sempre minimale per non impattare troppo sul look della moto, oltre che un bello scarico Akrapovic in titanio (-1,1 kg rispetto all’originale). Invariata la meccanica, che in qualche modo ci riporta agli anni ‘2000, grazie al motore (ovviamente aggiornato) della GSX-R 1000 K5 ed una elettronica che, di fatto, non c’è. In un segmento dove ride-by-wire, piattaforma interziale, quickshifter ed ogni “diavoleria” sono la regola, la Katana continua a mantenere il suo stile retrò anche in questo, con l’unica concessione del controllo di trazione (e l’ABS obbligatorio di legge).

TOCCHI DI STILE PER UNA MOTO CHE RUOTA INTORNO ALLO STILE

La Jindachi è un allestimento, una versione della Katana arricchita da elementi come le doppie e sottili stripes rosse sui cerchi (una più piccola sul bordo esterno del cerchio, una seconda sulla porzione esterna del canale, con scritte che richiamano il nome del modello) oppure il tagliente profilo adesivo (sempre rosso) che sottolinea le linee tese dei fianchetti, fino alla sella con la zona del passeggero bicolore e con il logo della spada impresso sulla seduta. La personalizzazione estetica vede poi una protezione serbatoio carbon look ed un set adesivi protettivi, sempre carbon look. Oltre allo stile troviamo poi due altri elementi, uno funzionale, il doppio cupolino per regalare un accenno di protezione aerodinamica, l’altro che mixa stile e gusto “acustico”. La Jindachi sfoggia infatti uno sportivo scarico in titanio e con cover e fondello in carbonio, della Akrapovic.

Confermata invece la Katana di Rodolfo Frascoli, designer italiano che ha omaggiato il design della iconica prima Suzuki a portare questo nome, disegnata all’epoca dal tedesco Hans Muth. Il nostro designer ha affrontato l’arduo compito di portare al 2020 il concetto stilistico della prima e controversa Katana, che all’epoca era stata fortemente innovativa e fuori dagli schemi. Da un lato la versione moderna è più equilibrata e convenzionale, ma sfoggia comunque quelle linee affilate, con il cupolino a contrasto che sovrasta un immancabile faro rettangolare a LED.

Nella zona posteriore tradisce la sua discendenza dalla Katana originale, che aveva un lunghissimo codone, a favore di un più moderno compatto codino. La strumentazione multifunzione è costituita da un pannello LCD. È piuttosto completa a livello di dati, nella grafica richiama la sua antenata, con il logo della spada, ma sotto al sole offre una leggibilità abbastanza difficoltosa.

NON SOLO KATANA ED ANNI ’80, MA ANCHE GSX-R 1000 K5

La Katana omaggia il modello omonimo degli anni’80, ma un po’ anche la GSX-R 1000 K5. Da quella supersportiva da 180 cv per 166 kg (a secco) deriva infatti il cuore 4-in-linea, anche se opportunamente aggiornato, sia per essere omologato Euro 4, ma anche per essere addomesticato per un uso più turistico e tranquillo. Se la K5 era una moto che allungava fino a 13.500 giri e con una marcia prima da quasi 170 km/h, ora i 150 cavalli della Katana (o della GSX-S 1000 con cui condivide gran parte di ciò che c’è sotto al vestito) arrivano a 10 mila giri, con l’allungo che finisce dove la sua antenata iniziava forse a dare il meglio. Si tratta di un passaggio obbligato, che rendere più versatile questa moto, che non nasce per essere una supersportiva, anche se i dati sono di tutto rispetto anche nei suoi numeri. La coppia massima è di 108 Nm, gran parte dei quali sono disponibili fin da regimi più ridotti, ma che toccano il picco in alto, a quota 9.500 giri. Rispetto alla GSX-S 1000 è stato modificato il comando del gas, per offrire una risposta più morbida nella prima parte di apertura. Restano invece ai minimi gli impatti dell’elettronica, con l’assenza di riding mode e quant’altro, mentre è presente un controllo di trazione su tre livelli, escludibile.

POCHI RITOCCHI RISPETTO ALLA BASE DI PARTENZA

Il progetto della Katana moderna nasce intorno ad un modello esistente ed a listino parallelamente a questo, che fa dello stile una delle sue chiavi di lettura più importanti. Rispetto alla GSX-S1000 da cui di fatto deriva, sono state in parti modificate le quote della triangolazione sella-manubrio-pedane, con la sella più alta di 15 mm (per un dato di 825 mm), mentre il manubrio è più largo di 35. La posizione è più da scarenata, con il resto della ciclistica che è invece confermato. Le sospensioni sono Kayaba. Completamente regolabile la forcella con steli rovesciati da 43 mm, il mono posteriore è anch’esso regolabile, ma solo in estensione e nel precarico della molla, non in compressione. Le coperture di primo equipaggiamento sono le Dunlop Roadsport2 (con il generoso 190/50 al posteriore) e il peso in ordine di marcia è di 215 kg, frenati da dischi da 310 mm e pinze radiali Brembo a 4 pistoncini all’anteriore.

ANALOGICA NEL LOOK E NELLA SOSTANZA

Se vi avvicinate alla Katana lo fate perché amate il suo stile, questa è una certezza. Un po’ come la sua antenata, che si faceva notare per essere fuori dagli schemi, ma proprio per questo non era riconosciuta come una bellezza assoluta, anche la moderna Katana divide il pubblico tra chi la ama e chi invece è scettico sull’operazione “nostalgia”. A noi non dispiace affatto, è particolare, ma comunque con un risultato che resta equilibrato. Sull’altare dello stile nascono un paio dei suoi difetti, con la rinuncia a ben 5 litri per il serbatoio e con la strumentazione che in box è piacevole da osservare, ma sotto al sole si fa leggere proprio malino. Guardandola ti riporta agli inizi degli anni ’80, salendo in sella ci si trova invece a proprio agio come su una “normale” ed ottima moto moderna. Il viaggio nel tempo continua poi, perché nella guida tornano gli indizi della sua volontà di restare una moto analogica.

L’elettronica del motore è davvero risicata per il genere di moto, con due cose che, a nostro avviso, si fanno sentire per la loro assenza. La prima è un vezzo a cui si può anche rinunciare, ma un quickshifter (almeno in salita) ci sarebbe stato bene, la seconda è forse più fastidiosa. In un panorama di motociclette anche di cilindrata media che adottano moderni, sofisticati e sempre meglio calibrati comandi del gas elettronici, il vecchio filo qui mostra i suoi limiti in alcuni frangenti. In uscita da un tornante, ad esempio, il generoso on off (malgrado la forma della camma su cui si muove il filo è stata ottimizzata) impone di tenere la manopola in mano sforzandosi di essere molto fluidi nel movimento del polso, per evitare reazioni troppo brusche. Aiutano invece ausili quali il Suzuki Easy Start System e il Low RPM Assist, che facilitano avviamenti e partenze.

Dal sapore un po’ retrò è anche la guida in senso stretto, con una ciclistica efficace ed un impianto frenante dalla giusta potenza e con una buona modulabilità, che si scontano però con una moto che non fa della leggerezza e dell’agilità le sue carte migliori. Per questo va guidata in modo tondo se si vuole sfruttarla in ciò che le riesce meglio, ma alzando l’andatura richiede una guida fisica, impegnativa forse da un lato, ma si soddisfazione dell’altro.

Mansueto e cattivo, il propulsore ha una doppia anima. Fino alla prima metà del contagiri è fin troppo sornione, poi inizia a spingere e cantare nel modo giusto (qui giova il tocco firmato Akrapovic), per allungare con molto vigore negli ultimi 2 mila giri prima del limitatore. Resta una moto rapportata piuttosto lunga e che, con la minima distrazione, porta a velocità ben oltre il limite imposto dal codice della strada. Proprio l’allungo è però la dote in cui eccelle il quattro cilindri.

Tirando una marcia su uno scollino ce lo si può godere tutto, magari lasciando spento il controllo di trazione, con l’anteriore che si alza in progressione regalando sensazioni d’altri tempi. Un’altra cosa in cui la Katana svetta su molte sue concorrenti. Sembra avere il fascino della macchina del tempo, per quanto riesca a mettere insieme elementi lungo quattro decadi di storia.

IL PREZZO ED I CONSUMI

La versione Jindachi della Katana offre, per 600 euro, accessori per un valore complessivo ben superiore (solo lo scarico costerebbe 915 euro). Di fatto salire dai 13.690 euro della versione base ai 14.290 della Katana Jindachi è un risparmio, dal punto di vista del vantaggio cliente che ci si assicura. Un prezzo che però diventa piuttosto elevato, se pensiamo ad una dotazione tecnologica piuttosto limitata, ma di contro la Katana non ha rivali dirette, è un po’ unica nel suo genere e per questo un giudizio oggettivo rispetto al suo prezzo diventa arduo.

Quanto ai consumi, sono dichiarati in 5,3 l/100km, un dato interessante per un mille plurifrazionato da 150 cavalli, che si riesce ad avvicinare anche nella guida reale. Malgrado questo l’autonomia resta molto contenuta, proprio per la scelta di limitare il serbatoio (scende da 17 a 12 litri, rispetto alla GSX-S1000). Siamo a poco oltre di 200 km, che contrastano con la propensione della Katana a viaggiare, malgrado non offra una protezione aerodinamica importante (nemmeno con il cupolino maggiorato della Jindachi).

PIACE - Stile, allungo del motore

NON PIACE - Mancanza quasi totale dell’elettronica, poco agile sullo stretto, serbatoio

Foto di Christian Corneo

ABBIGLIAMENTO UTILIZZATO

Casco: Scorpion Exo-Tech

Giacca: Alpinestars Crazy Eight

Guanti: Alpinestars Rayburn V2

Jeans: Alpinestars Copper V2

Scarpe: Alpinestars J-6 Waterproof

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