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Schwantz: "Oggi sono tutti eroi, le MotoGP sono più facili delle 500"

"In questo momento in Italia si fanno le migliori moto e vorrei provare la Ducati di Bagnaia. Nuovi talenti americani? Senza l'impegno di Case è sponsor è difficile farli crescere"

MotoGP: Schwantz:

Kevin Schwantz è ad Austin per vivere il fine settimana di gara in quel paddock a cui ha dato tanto. Il mito americano ci ha concesso una intervista in cui abbiamo potuto parlare di quanto sia cambiato questo sport che l'ha visto diventare leggenda, attraverso duelli che resteranno impressi per sempre nella storia del motociclismo. Certo, era uno sport diverso da quello di oggi, ma l'amore di Kevin per questo mondo è rimasto invariato. 

Credi che questa MotoGP sia ancora lo sport che tu hai amato ed in cui sei diventato un autentico mito?
"E’ cambiato tutto, assolutamente. Di base, resta lo stesso sport in cui io ho corso, in cui sono cresciuto ed ho combattuto sempre amandolo alla follia. Ma tutto è cambiato, le moto, le tute, la sicurezza, tutto è cambiato e mi piace pensare in meglio. Ma credo che gurdare le gare di moto sia sempre meglio che guardare qualcuno seduto in una vettura che muove solo il volante. Le moto per me, restano quelle che amavo da bambino, adoro ancora andare in moto ogni volta che posso. In MotoGP tutto si evolve e cambia, a volte verso il meglio altre verso il peggio, ma è un po’ come nella vita. A volte le cose vanno bene, altre meno". 

Prima erano pochi i piloti a dominare, a poter diventare eroi come te, Rainey, Lawson. Oggi sembra che tutti possano vincere. 
"Adesso puoi avere 22 eroi! Direi che è ovvio che le moto sono migliorate molto, come i piloti che si sono evoluti. Probabilmente sono più allenati e forti di quanto fossimo noi ai nostri tempi. Ma penso che le moto siano anche diventate talmente sofisticate, da richiedere solo di non fare errori mentre le guidi. Non voglio dire che sia facile, ma di certo è diventato più facile di quando correvo io. Per questo motivo all’epoca c’erano differenze di sei secondi al giro, mentre oggi tra il primo e l’ultimo spesso c’è un solo secondo. Ricordo che a volte io prendevo due secondi in qualifica, poi magari facevo qualche cambiamento alla moto indovinato alla mattina di domenica ed in gara riuscivo a vincere. Oggi non è possibile, se parti ultimo e non sei Binder alla Sprint Race, è impossibile. Direi che lo sport dal di fuori sembra più bello che mai, ma da dentro non so". 

Nella tua epoca i giapponesi dominavano la scena, oggi non è più così. 
"Io credo che il modo di fare dei giapponesi, sia da cambiare. Gli europei sono sempre stati più flessibili, scelgono una strada ma sono disponibili a cambiarla. Provano cose nuove diverse. I giapponesi sono diversi, restano sulle loro posizioni. Suzuki aveva fatto una grande moto, ma avevano ingegneri che sperimentavano molto in un modo molto europeo. Per me adesso in Italia sanno fare le migliori moto, non ci sono dubbi". 

Ti piacerebbe provare una MotoGP moderna?
"Mi piacerebbe molto provare la Ducati di Pecco. Certo, in Ducati hanno 8 moto in griglia, hanno tantissimi dati su cui lavorare e la migliore moto. Aprilia anche ha fatto un ottimo lavoro ed ora andranno anche meglio con 4 piloti. Alla prima gara ho pensato davvero che le RS-GP potessero dominare". 

Cosa manca alle altre Case per avvicinarsi?
"In MotoGP queste limitazioni sui test secondo me sono penalizzanti per chi magari è lontano. Basterebbe restare su una pista dopo la gara e fare dei test. Prendete ad esempio la Honda. Oggi non possono prendere una pista in esclusiva e fare quattro giorni di test con tutti i piloti per capire dove sbagliano, per capire quali pezzi produrre per migliorare la moto. Anche i piloti non si possono allenare oggi in MotoGP e penso che questo non sia un bene. Certo si risparmiano soldi, ma non credo che funzioni benissimo". 

Sembra lontano il periodo in cui gli americani dominavano nel mondiale. Arriverà qualche giovane talento in futuro?
"Penso che sia difficile per i piloti americani arrivare a correre in Europa oggi perché non ci sono i costruttori coinvolti direttamente negli States. Si, ci sono le Yamaha, le Honda, ma sono squadre private, non hanno legami con il Giappone. Niente è collegato alle Case e per questo è difficile per un ragazzo arrivare in Moto2 o in Moto3, fare esperienza, imparare le piste e poi sognare la MotoGP. Se ci fosse un impegno diretto della Case, loro troverebbero talenti anche qui per portarli poi in SBK o in MotoGP. Ma senza questa connessione è durissima. Io ho fatto il coach con la Rookies Cup, ci sono stati piloti velocissimi come Gagne, che l’anno scorso ha vinto tutte le gare in MotoAmerica tranne quella in cui ha rotto il motore. Ma senza sponsor forti, senza l’appoggio delle Case è impossibile. Poi ci sono anche tanti limiti sui test, è difficile crescere".

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