Tu sei qui

Marquez come Sisifo: la sua lotta ci ricorda che mollare non è una opzione

Ci vuole tutto il coraggio del mondo per ricostruirsi. Raggiungere un limite è un punto di arrivo e di ripartenza. Sapere già dov’è quel limite, senza poterlo più avvicinare per un problema fisico, è la lotta di Sisifo. E' l'obiettivo di Camus: l'intensità della vita

Marquez come Sisifo: la sua lotta ci ricorda che mollare non è una opzione

Non c’è luce alla fine di questo lungo tunnel imboccato il 19 luglio del 2020 con la frattura dell’omero del braccio destro per Marc Marquez. O meglio, la vede solo lui, in un intervento che sarà effettuato la settimana prossima in America.

Negli ultimi mesi, quando radio-box mormorava di questa possibilità, Marc ha sempre smentito ed ora che è stato costretto ad ammetterlo si è scusato rivelandone il motivo: “la conferma è arrivata solo ieri mattina”.

Osteotomia il nome dell’operazione, un termine che in ortopedia identifica un intervento chirurgico durante il quale un osso viene tagliato per accorciare, allungare o modificarne l'allineamento. Quest’ultimo è il caso di Marc il cui omero si è saldato in una posizione sbagliata che non gli consente di guidare come vorrebbe. Tanto sottile è la linea che consente ad un fuoriclasse di esprimere il suo talento su un filo di un rasoio.

Delle volte dissertiamo, da amanti del motociclismo, su piccoli interventi meccanici, telai lievemente modificati nella rigidezza per affrontare meglio le curve, o su combinazione dischi, pompe dei freni, pasticche per avere una frenata leggermente diversa. Dettagli.

Ci dimentichiamo, concentrandoci sull’attrezzo, la moto, che la nostra è una attività che si esprime sui particolari infinitesimali, ma è così in tutti gli sport. La prima a dover essere messa a punto è la macchina-uomo.

Dietro ogni record c’è dedizione, resilienza ai problemi ed ore e ore di lavoro e concentrazione. Pensate alle estenuanti sessioni di allenamento di un centometrista: non pensiate che basti correre a perdifiato cercando di percorrere quei 100 metri in meno di 10 secondi. Dietro c’è la ricerca della perfezione che costringe a ripetere un gesto cento o mille volte per renderlo ‘tuo’ per poi automatizzarlo.

Una cosa che oggi a Marquez non riesce più perché qualcosa nel suo ‘assetto’ è cambiato. Per questo negli ultimi due anni non è stato più capace di fare le sue magie. Né di esprimere la sua velocità.

Non ha perso il talento, semplicemente il suo corpo non risponde più allo stesso modo.

Questo è qualcosa che nella vita accade ad ogni atleta con il sopraggiungere dell’età.  Ogni anno si perde un po’ di elasticità, una briciola di forza, un pizzico di concentrazione. Il recupero non è più immediato. Il risultato è che si è più lenti. Cento metri, diecimila, maratona, la doppia vasca, quella molla nei piedi che ti spinge oltre l’asticella. Gli esempi sarebbero infiniti.

Chi non vorrebbe eccellere per sempre, vincere per sempre?

Qualche volta, ed è il caso di Marc Marquez, il destino interrompe la tua corsa obbligandoti ad un percorso ad ostacoli per recuperare ‘la condizione’. E la ripartenza da uno stato di grazia e più difficile di tutto il lavoro svolto sino a quel momento per conquistarla.

Ci vuole tutto il coraggio del mondo per ricostruirsi. Sapere fin dove si può arrivare è un muro verticale. Raggiungere un limite è un punto di arrivo e di ripartenza. Sapere già dov’è quel limite, senza poterlo più avvicinare per un problema fisico, è la lotta di Sisifo. Far rotolare la pietra sino alla sommità della montagna, per vederla cadere, sapendo di dover ridiscendere per sospingerla sù di nuovo è terribile. Ci vuole un coraggio bestiale.

Marc ce l’ha. Sono due stagioni che fa rotolare quella pietra verso la vetta della montagna e l’anno passato, dopo tre vittorie, ha sicuramente sperato di farcela restare. Ma ancora una volta è ai piedi della vetta, e guarda in sù. Mollare, girare sui tacchi e prendere un’altra direzione non è una opzione.

Marquez, come scrive Camus *, sopporta l'assurdità dell'esistenza. Contro il destino consegna alla vita il suo valore effettivo. Per il filosofo Sisifo è felice perché nella sua condanna raggiunge la consapevolezza dei propri limiti.  Diviene padrone del proprio destino.

Questo, più che tutti i suoi titoli, tutte le sue vittorie, ce lo fa amare. E’ un campione, è un uomo.

* Il mito di Sisifo. Saggio sull'assurdo (Le mythe de Sisyphe. Essai sur l'absurde) è un saggio pubblicato da Albert Camus nel 1942

 

Articoli che potrebbero interessarti